Cavareno
mercoledì, 20 febbraio 2013
20 Febbraio 2013
Luci della ribalta
domenica, 24 febbraio 2013
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giovedì, 21 febbraio 2013

La realizzazione del Magnete, l’edificio che sorge nell’area di Trento nord dove un tempo c’erano la Carbochimica ed altri insediamenti industriali, ha rappresentato una delle pagine più inquietanti della speculazione edilizia in questa città. Quell’insediamento tutto bianco dove oggi ha sede l’Agenzia delle entrate rappresenta ciò che è rimasto del progetto Magnete, un programma di insediamento del cosiddetto terziario avanzato che avrebbe rappresentato una impressionante colata di cemento su tutta l’area inquinata di Trento nord (Sloi, Carbochimica, ET e Podini).

Era l’11 febbraio 1993 quando presentammo allora come Solidarietà il "Dossier Magnete", un lavoro di ricerca meticoloso, "un capitolo di storia cittadina" come ebbe a scrivere il quotidiano "Alto Adige" presentando il dossier destinato a finire sui tavoli della Procura della Repubblica. Erano gli anni dinTangentopoli e quel lavoro di denuncia contribuì a fermare un’operazione in cui era implicato il gotha del partito degli affari e l’allora presidente della PAT Mario Malossini che finì nei guai proprio per la signora Prada, proprietaria dell’area della Carbochimica.

Il carotaggio dei terreni fece venire a galla la verità di decenni di inquinamento da parte dei proprietari, tanto è vero che il tema della bonifica di trento Nord ancora oggi, dopo vent’anni, non è affatto risolto. Iniziò così un braccio di ferro fra il Comune che subordinava le licenze al risanamento delle aree e i proprietari che vantavano diritti di edificare ma che volevano scaricare sulla pubblica amministrazione gli enormi costi del risanamento. Una contesa che ebbe una svolta nel 1996 con un accordo fra i proprietari (che nel frattempo era diventato Tosolini), il Comune, la PAT (che avrebbe comprato gli uffici finanziari e una parte di alloggi per l’Itea) e l’amministrazione dello Stato. L’esito portò all’edificazione di un modulo dei quattro che avrebbero dovuto sorgere, sull’area di maggior pregio e considerata meno compromessa dai veleni.

Allora condividemmo quell’accordo, ma se tornassi indietro – alla luce dei fatti – la mia scelta credo sarebbe diversa. Perché negli anni successivi venne su un blocco di cemento armato inguardabile e contestualmente riprese il braccio di ferro per il resto dell’area ancora in corso. In quell’agglomerato urbano si sono insediate famiglie, ci sono vite che crescono e che, nonostante tutto, hanno imparato ad amare quel luogo. Senza per questo rinunciare a far sentire la loro voce per rivendicare dignità, servizi, spazi aggregativi. Fra queste, quella di Antonella Andreatta, oggi consigliera circoscrizionale.

Ed è proprio nella saletta circoscrizionale del Magnete che ci incontriamo giovedì sera per un incontro sulle problematiche di Trento nord ma anche per parlare del voto di domenica e lunedì prossimi. Un luogo simbolico, per indicare che anche in questa campagna elettorale l’impegno cruciale del Partito Democratico è quello di ripensare in profondità un modello di sviluppo insostenibile e di riportare l’attenzione verso i diritti di cittadinanza, specie nelle aree sociali più vulnerabili. In sala anche Annalisa Tomasi e Giuliano Andreolli, impegnati con Antonella nella Circoscrizione, Luciana Chini che del Centro Storico -Piedicastello è la segretaria del circolo del PD e il consigliere comunale Alberto Salizzoni che della Commissione consiliare per l’urbanistica è il presidente. Con me anche il consigliere provinciale Andrea Rudari. Insieme abbiamo presentato, proprio nell’ultima finanziaria, un ordine del giorno (approvato) che indicava una road map per la riqualificazione urbanistica e sociale di questa nuova città a nord di quella vecchia. Insieme ad un’agenda di piccole/grandi questioni che potrebbero trovare soluzione grazie ad un concorso di attenzione fra Comune e Provincia che ancora non c’è stato.

Questioni che richiederebbero semplicemente un po’ di attenzione a fronte di altre ben più complesse e che investono il disegno della città. Nodo chiave che viene posto nel corso del confronto da Maurizio Camin, infaticabile animatore sociale, chiedendo quale sia il limite nella crescita della città. Perché, specie negli ultimi anni, Provincia e Comune di Trento sono sembrate procedere in direzione opposta. Così Trento è cresciuta a dismisura, prefigurando una città da 150.000 abitanti, accentrando
funzioni e servizi (e presenze), sottraendo aree all’agricoltura e alla vivibilità urbana, mentre in piazza Dante si gettavano le basi per una ridislocazione di funzioni e poteri sul territorio. Era esattamente il tema che avevo posto qualche mese fa in occasione della festa che si svolge su via Brennero, sottraendola così almeno per un giorno al traffico urbano.

Non è solo un problema di coordinamento fra le due istituzioni, c’è una questione di interessi che sono in gioco laddove la destinazione urbanistica diventa diritto di edificare consolidato e difficilmente reversibile. Interessi forti, che sanno farsi valere. L’edificazione delle aree che sono in previsione urbanistica (Italcementi, Canova, comparto scolastico di via Brigata Acqui, buco Tosolini, area Lenzi, via Brennero…) sono lì a delineare una previsione che va esattamente all’opposto delle politiche di riequilibrio fra il capoluogo e le valli indicato nellariforma istituzionale, nell’alleggerimento della Provincia, nella banda larga…). Il paradosso è che la città nel frattempo si riempie di cartelli "vendesi" e "affittasi", ma non è questo il problema perché si costruisce per tenere in vita il credito finanziario o per ripulire il denaro, in una spirale che non ha nulla a che fare con l’economia reale.

Maurizio insiste anche su un altro concetto imprtante. Oltre alla riqualificazione dei luoghi, è necessario  ripensare le forme partecipative. Perché qui al Magnete, in questa piccola sala nella quale durante la settimana si svolgono mille forme di animazione, il tema che si pone è quello indagare i meccanismi del dialogo far istanze sociali e istituzioni. Ed è oltremodo paradossale che proprio qui, in questo perimetro di case anonime, prenda corpo una inattesa socialità a testimoniare le molteplici forme attraverso le quali costruire coesione sociale.

L’attesa per un passaggio politico cruciale come quello di domenica non nasconde il disincanto. Quasi rappresentasse un ultimo appello.

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