lunedì, 10 agosto 2009
10 Agosto 2009
sabato, 5 febbraio 2011
12 Agosto 2009martedì, 11 agosto 2009
Costretto in casa a metà agosto. Normale. Oggi va un po’ meglio, non ho la percezione di febbre e mi sembra di averci fatto il giro. E’ dalla lettura dei giornali che invece arrivano i dolori.
E riguardano processi di polarizzazione del dibattito locale sulla dimensione nazionale del PD. Esattamente il contrario di quello che sarebbe stato auspicabile per un congresso trentino davvero fondativo. Ovvero non più legato alle precedenti appartenenze associative o di partito, ma in grado di sparigliare a partire dalla condivisione di un progetto per il Trentino ed insieme europeo, assumendo questa dimensione come chiave per abitare i profondi processi di trasformazione del nostro tempo, e di un rapporto federativo reale come dovrebbe essere quello fra soggetti autonomi che decidono di federarsi e dunque di un rapporto con la dimensione nazionale non più verticale ma orizzontale e senza alcuna gerarchia. Costruendo nel far questo nuove sintesi di pensiero.
E invece no. Le candidature devono rifarsi alla dimensione nazionale, quasi a dover mettere delle bandierine sullo scacchiere del controllo del partito nelle sue dimensioni regionali. Non c’è scritto da nessuna parte, tanto per capirci, ma questo è ciò che sta prendendo corpo a partire dalla proposta di candidatura di Giorgio Tonini in rappresentanza della componente della mozione che fa capo al segretario nazionale Franceschini. La reazione (nelle parole di Bruno Dorigatti) appare uguale e contraria per quanto riguarda la mozione Bersani.
Ho scelto di non schierarmi con alcuna mozione nazionale non per equidistanza, o perché non colga la progettualità politica almeno in parte alternativa che esprimono, ma perché eludono il nodo che personalmente mi sta più a cuore: l’approccio europeo e federalista.
Sullo sfondo c’è poi il rapporto con una potenziale area moderata che non si riconosce nel berlusconismo. Se cioè quest’area possa collocarsi direttamente nel PD oppure se richiede uno spazio non riconducibile al PD. E’ in fondo la proposta del nostro presidente Dellai di dar vita sul territorio nazionale e euroregionale ad un nuovo soggetto politico moderato e fortemente legato al territorio, strettamente legato al centro sinistra.
Franceschini aveva detto nei giorni scorsi da Pinzolo che la prospettiva "dellaiana" non aveva senso, che nella sintesi culturale e politica del PD c’era lo spazio anche per questa ipotesi e che non avrebbe regalato questa rappresentanza ad altri. Come a dire che il PD è il partito dell’alternanza maggioritaria oppure non è. Una strada che si è già rivelata perdente, tant’è vero che se in Trentino si è vinto è stato proprio grazie al prendere corpo accanto al PD di un soggetto rappresentativo di un’area di centro ma distante dalla destra berlusconiana e dal leghismo.
Questo non significa affatto riconoscersi nella mozione Bersani che invece sembra ricostruire il quadro politico che fu dell’Unione, di un’alleanza fra soggettività diverse ma tendenzialmente sempre uguali a se stesse: la sinistra riformista, il centro democratico popolare, l’ambientalismo e così via.
A me pare che il problema posto da Dellai sia ineludibile. E questo senza nulla togliere alla scommessa originaria del PD, ovvero quello di costruire una nuova sintesi, a partire dalle culture democratiche che hanno attraversato il Novecento. Ma questo non avviene per incanto, occorre un percorso fatto di punti successivi di approdo lungo una difficile traversata.
In Trentino, proprio per essere stato in questi anni laboratorio di sperimentazione originale, ricondurre a forza il confronto congressuale nell’alveo del dibattito nazionale sarebbe la cosa peggiore che possiamo fare. Anche se lo si smentisce, il rischio è proprio questo.
Sono le 8.28 del mattino e Roberto Pinter mi scrive: "Peggio di così…". La sua candidatura potrebbe rappresentare istanze riconducibili a sensibilità presenti nelle varie mozioni nazionali, andando oltre ed indicando una prospettiva di confronto rigoroso e mai parolaio (come è avvenuto nella scorsa legislatura, alternando durezza nei toni e subalternità nei fatti) con il Governo provinciale. Si scontano muri ancora da abbattere e pregiudizi. E anche qualche rendita di potere. Una storia politica che si fatica a riconoscere nella sua originalità e che Alessandro Andreatta definisce su L’Adige "birichina" (se capisco quel che vuol dire, è un giudizio politico da respingere al mittente), ben diversa dal giudizio di Dellai che ne "Il mio Trentino" scriveva qualche mese fa: «…Avevamo poi pensato che almeno in Trentino, vista la sua peculiare caratteristica istituzionale, si sarebbe potuto attivare un piccolo laboratorio di territorializzazione della politica. Da Roma assoluto disinteresse: con alcune rare eccezioni, tra cui quella di Enrico Letta. Anche a Trento, la dirigenza dei DS ha dimostrato assoluta indisponibilità su questo piano, con l’eccezione di pochi, tra i quali Giorgio Tonini, con la sua nota intelligenza politica e Roberto Pinter, con il valore aggiunto della sua provenienza da un movimento politico del tutto particolare e territoriale quale è stato "Solidarietà"…».
Credo che non tutto sia perduto e che il senso di una proposta trasversale sia più che mai necessario se vogliamo che il Trentino possa essere ancora laboratorio originale. In questo senso vanno le telefonate e i contatti della giornata. Solo la partenza per la Romania, domenica prossima, mi metterà nel clima di vacanza, anche se lo sarà relativamente.