Biopolitica
In medio stat virus
12 Marzo 2020
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Non ci sarà alcun salto antropologico né una rigenerazione dei collettivi né una distruzione – come nella esteticamente insuperabile sequenza finale di “Zabriskie Point” di Antonioni – del consumo di massa che si è inghiottito in questi decenni chili di coscienze. Che hanno danzato fino all’ultimo sulle nevi per consegnare alla storia una goccia di nulla, per ricordarci il cortocircuito in cui viviamo – a proposito di modelli economici – dove da un lato riduciamo le fessure di diffusione del virus e dall’altro le riapriamo per sostenere le categorie che reificano l’inverno, trasformandolo in oro.

Ci saranno piuttosto, nel momento della necessità, piccole pratiche di solidarietà che si affermeranno a intermittenza e poi scompariranno o rimarranno appannaggio di chi le ha nel proprio orizzonte. Il coprifuoco serale, dettato dal nuovo decreto del governo Conte, cancellerà tempi e riti della città, ma ne schiuderà altri. Più intimi e familiari, relazioni di prossimità affettiva. E poi? Questa forma ingenua di romanticismo distillerà le ultime gocce con gli ultimi secondi del decreto. Chi riflette criticamente sulla Storia e sul suo tempo, sui processi di verità e sulla liquefazione della società, troverà nuovi motivi per cercare di decostruire il presente, per sovvertire lo status quo. E forse anche nuove prassi. Ma saranno confinati a sé perché la fine del virus non sarà l’inizio di una nuova storia, ma del ritorno alla normalità. Con i suoi archetipi di stampo individuale.

Ora siamo nella zona rossa. Finalmente diranno i filocinesi (anti-comunisti). Siamo in quello che Agamben definirebbe “stato di eccezione”. Libertà e diritti limitati, in questo caso per un’emergenza sanitaria. La gradualità con cui sono arrivate le decisioni riflettono anche la delicatezza del tema. Non si sospendono con leggerezza le libertà, individuali e collettive, tanto più in un quadro di grande incertezza e contraddittorietà delle informazioni sul coronavirus. Anche se l’impiego di tali libertà è spesso svilente. Attraversiamo questo deserto sociale, necessario, per riconquistare l’unica libertà (e normalità) che sembra avere un valore. Quella di sognare un mondo diverso, più giusto. Forse un giorno capiterà.

* L’editoriale di Simone Casalini nel Corriere del Trentino di oggi 12 marzo 2020

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