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Addio Aberto L’Abate, paladino della rivoluzione nonviolenta

Contro il nucleare civile (a Montalto di Castro viene portato in tribunale per essersi seduto sui binari) e quello militare che lo portano a costruire una rete di relazioni internazionali con una infinità di movimenti mondiali in particolare nell’India che fu del Mahatma Gandhi. 

E poi ancora l’Ambasciata di Pace in Kosovo, l’interposizione umanitaria in Iraq ma anche il sostegno a Basaglia per la chiusura dell’istituzione totale dei manicomi o la diffusione di una cultura ecologista attenta al rispetto della “madre terra” e delle altre specie viventi. Ha insegnato all’Università di Ferrara e poi a quella di Firenze, Metodologia della Ricerca Sociale, poi diventata, con il Corso di Laurea in “Operatori per la Pace”, Metodologia della Ricerca per la Pace, e anche Sociologia per la Pace.

Corsi seguitissimi da centinaia di giovani che hanno continuato a mantenere con lui un rapporto strettissimo. Fu quella intuizione a dare origine al percorso che poi ha portato ai corpi civili di pace che l’Italia ha cominciato, proprio da quest’anno, a sperimentare all’estero ma anche in casa nostra, nella Terra dei Fuochi e in Liguria.

Cristiano praticante ha animato la piccola ma fertile comunità valdese fiorentina con decine d’iniziative di approfondimento e di solidarietà con i più deboli. La sua intensa fede religiosa era strumento per incrociare ed incontrare le altre fedi contro ogni fondamentalismo. D’altronde da ragazzo, sui banchi della scuola pubblica fascista, aveva dovuto subire le discriminazioni in cui incappavano i credenti di fedi diverse dalla religione di Stato.

Una sua compagna di classe mi raccontò come Alberto tenesse ostinatamente la Bibbia edita dalla Chiesa Valdese in vista sul banco per poi subire le reprimende del suo professore che accettava solo pubblicazioni della Chiesa cattolica. Lui allora la riponeva nella cartella, ma qualche minuto dopo riappariva di nuovo sopra il banco. Era il suo modo di disubbidire al fascismo.

Negli anni ’80 L’Abate accolse con favore di candidarsi alle elezioni politiche per Democrazia Proletaria nella circoscrizione Firenze- Pistoia. Decise di compiere quel passo insieme allo scrittore Carlo Cassola che in quegli anni animava la Lega per il Disarmo Unilaterale. Sapeva che non sarebbe stato eletto ma prese lo stesso un sacco di preferenze.

Visse quella esperienza come una straordinaria occasione per divulgare le ragioni del disarmo e contro le tendenze alla guerra, ma anche per contaminarsi e contaminare con la sinistra politica più radicale ed aperta. Riprese l’idea di Capitini del “comunismo nonviolento”, apparentemente un ossimoro, in verità una risposta alla radice alla già visibile degenerazione del socialismo reale. Non bisognava rinunciare alla rivoluzione che anzi, in epoca di spoliazione di larga parte del pianeta da parte di un ristretto gruppo di superricchi, appariva e appare sempre più urgente, ma bisognava (e bisogna) liberarla già nei mezzi – la violenza appunto – dal dominio culturale del capitalismo.

Per L’Abate la nonviolenza – scritta tutta attaccata (adesso anche il correttore automatico dei computer ha dovuto finalmente “rassegnarsi” alla nuova parola) – era una pratica ed una idea rivoluzionaria molto diversa dal legalismo borghese. La nonviolenza non è infatti una profumeria, una parola usata per darsi una rinverniciata per entrare nelle stanze del potere.

La nonviolenza è una idea di nuova società, di diverse relazioni tra le persone, non negazione ma gestione altra e più alta del conflitto sociale. Ci rende irriducibili alle ingiustizie. Grazie Alberto per il tuo insegnamento.

* http://www.huffingtonpost.it

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