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Senza voler procedere per analogie — la Storia, nelle sue somiglianze, produce spartiti sempre diversi — la nausea avanza e s’insinua anche nel nostro tempo. Si alimenta nel graduale processo di disgregazione dell’Europa (di cui la Brexit è un monito volgare), nelle meste ritualità delle democrazie occidentali, nella perdurante crisi economica, nella modestia delle élite e nello sfacelo cognitivo e culturale su temi come l’immigrazione. La tela del presente è punteggiata anche di alternative possibili che tuttavia quasi mai producono massa critica. Quasi mai prefigurano il futuro. Anche in Trentino la nausea s’infila nelle fondamenta dell’Autonomia che tutti riconoscono vivere un periodo di oscuramento. La difficoltà di rinnovare i codici dell’autogoverno e le patologie di alcuni cardini del sistema uniti al problema di avere tutti i significanti sociali in asse (istituzioni, élite, popolo, valori) sostentano lo spaesamento, la deriva. Come Roquentin, di fronte alla tesi di dottorato, avanziamo e indietreggiamo spersi nell’ordinaria amministrazione.

La grande recessione del 2007 (il vero inizio del XXI secolo?) ha indebolito un architrave fragile mutando profondamente le prospettive. Gli assetti internazionali sono indecifrabili e la polveriera mediorientale è diventato terreno di disputa dei nuovi rapporti di forza. Dobbiamo conservare un tempo plurale, di accoglienza di tutte le storie, che può essere una sorgente rivitalizzante anche per l’Autonomia, stretta in dinamiche annichilenti. La nausea è un sentimento popolare che non va sottovalutato.

* Corriere del Trentino, 9 aprile 2017

 

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