Stefano Cagol. Immagine tratta dal sito www.doppiozero.com
Per una buona gestione del conflitto
24 Agosto 2016
L'Europa delle Regioni
Giornata dell’autonomia, tre motivi di preoccupazione
5 Settembre 2016
Stefano Cagol. Immagine tratta dal sito www.doppiozero.com
Per una buona gestione del conflitto
24 Agosto 2016
L'Europa delle Regioni
Giornata dell’autonomia, tre motivi di preoccupazione
5 Settembre 2016

Democrazia e forme partecipative, un’occasione mancata

Innanzitutto va detto che il termine “partecipazione” è ambiguo e può essere declinato in modi molto diversi. Si partecipa protestando ad un sit-in, firmando una petizione, iscrivendosi ad un partito politico o ad un’associazione, mobilitandosi in occasione delle campagne elettorali o referendarie, e via dicendo: si ha però vera partecipazione “politica” solo quando il cittadino sa di poter influenzare le scelte pubbliche e di poter incidere sui processi decisionali. Il che non è detto avvenga sempre: infatti può anche darsi che la scarsa partecipazione sia motivata proprio dal fatto che il cittadino si rende conto della natura meramente consultiva e poco incisiva della proposta che ha di fronte.

Questo problema richiama la necessità di “istituzionalizzare” la partecipazione, conferirle una veste formale e quindi prevedere procedure che favoriscano uno stretto collegamento tra partecipazione e decisione pubblica. So benissimo che questa questione ha sempre sollevato (e solleva tuttora) polemiche e perplessità, dovute al timore di manipolazioni e distorsioni, ma sta di fatto che solo in questo modo è possibile assicurare che la partecipazione non sia fine a se stessa e sia caratterizzata da trasparenza, imparzialità, apertura, una dotazione minima di informazioni e soprattutto il suo inserimento in un effettivo processo decisionale.

In tal senso esistono e si sono affinate nel tempo metodologie e modalità di coinvolgimento che consentono ai cittadini di confrontarsi, discutere, scambiarsi opinioni e giudizi su una determinata questione pubblica o su un problema collettivo, raggiungendo auspicabilmente una soluzione condivisa della quale poi le istituzioni pubbliche dovranno comunque tener conto (anche motivando, se necessario, l’eventuale non accoglimento).

In questo modo i cittadini contano e si sentono protagonisti: ne abbiamo degli esempi sia in Italia, ove queste pratiche sono diffuse ormai da qualche anno e dove esiste una legge apposita, quella toscana, che prevede il fattivo sostegno della Regione ai processi partecipativi locali; sia a livello internazionale, dove i cittadini vengono coinvolti sui più svariati temi pubblici, dalla pianificazione territoriale ed urbanistica ai temi etici, dalle questioni ambientali ai problemi legati alla salute e all’educazione, per non dimenticare i casi quanto mai attuali dell’Irlanda e dell’Islanda che hanno coinvolto i cittadini nella stessa riforma della Costituzione, nonché i casi delle Province canadesi della British Columbia e dell’Ontario (imitate successivamente dall’Olanda) che lo hanno fatto sul tema della riforma del sistema elettorale.

E qui, credo, vi sia anche una questione di volontà politica. Mi chiedo: perché sugli scottanti temi della riforma costituzionale ed elettorale non si è aperto nel paese un ampio e diffuso dibattito con e tra i cittadini e ci si è limitati ad un uso strumentale del “popolo”, funzionale ad una sola delle opzioni sul tappeto? E perché il Trentino non si avvale della sua autonomia per programmare un percorso che conduca ad una legislazione più attenta al valore ed alla qualità della “partecipazione”?

* Alessandro Branz è consigliere comunale di Sanzeno

Comments are closed.