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Il confine è diventato un paesaggio aperto, non solo per il superamento normativo delle barriere, ma soprattutto per le rappresentazioni e controrappresentazioni dei confini stessi. Le frontiere si dislocano oggi e diventano mobili sulla base della mobilità culturale, conoscitiva, informativa e fisica di noi esseri umani.

A disegnare e a ridisegnare i confini oggi non sono solo le istituzioni ma sono le persone concrete che con i loro comportamenti, che a volte forzano anche le regole, fanno dei confini e delle frontiere luoghi di relazioni. Quello che scegliamo non è che i confini siano luoghi di relazioni, bensì di che tipo di relazioni siano fatti i confini. I confini oggi sono porosi, sono necessariamente luoghi di incontro. E purtroppo spesso diventano luoghi di scontro.

Allora diventa decisivo rendersi conto che le frontiere e i confini sono oggi dei processi. Processi culturali e politici. D’altra parte uno sguardo alla storia rende decisamente più facile fare un salto di qualità.

Quali sono oggi le immagini plurali dei confini e delle frontiere che riguardano i sistemi locali del Trentino e dell’Alto Adige? Il punto da cui partire è quello di considerare la frontiera e il confine come risorsa. Mentre per alcuni le frontiere e i confini sono marche di appartenenza, per altri sono luoghi generativi di nuove rappresentazioni dello spazio e della società.

Comprendere la vitalità di ognuna delle rappresentazioni, sia quelle più orientate a valorizzare le appartenenze, sia quelle orientate all’apertura verso l’ibridazione delle culture, significa tenere insieme le prospettive che possono produrre nuova vitalità nelle terre di incontro, come andrebbero considerate, più che continuare a ritenerle “terre di confine””. Se ce ne rendiamo conto oggi noi siamo presi da una visione egemonica della territorialit&agrave

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