Un'immagine della presentazione a Mantova
domenica, 4 ottobre 2020
4 Ottobre 2020
Immagine dell'incontro
sabato, 23 gennaio 2021
23 Gennaio 2021
Un'immagine della presentazione a Mantova
domenica, 4 ottobre 2020
4 Ottobre 2020
Immagine dell'incontro
sabato, 23 gennaio 2021
23 Gennaio 2021

martedì, 1 dicembre 2020

Nonostante le oggettive difficoltà dovute alla pandemia in corso, abbiamo sin qui realizzato ventotto presentazioni de “Il monito della ninfea”, quattro delle quali online e le altre in presenza, registrando una partecipazione e un’attenzione molto positiva. Ognuno di questi incontri ha avuto al centro non solo la tragedia Vaia che ha devastato il territorio dolomitico ma anche le grandi domande sul nostro tempo, dall’insostenibilità del modello di sviluppo dominante al rapporto fra uomo e natura.

Numerose sono state le recensioni e le interviste sui media locali e il monito della ninfea è stato oggetto di confronto in diversi incontri formativi e convegni. Tanto che, malgrado le difficoltà di distribuzione – vero e proprio vincolo delle piccole case editrici – la prima edizione è andata esaurita ed il libro è andato in ristampa.

Ora la recrudescenza della pandemia impone incertezza e prudenza. Ciò nonostante sono in programma nuove presentazioni a Roma con Slow Food (16.10), a Orvieto con le Città Slow (16.10), a Udine (30.10), a Porretta Terme (6.11), a Sassuolo con il Comune (12.11), a Torino con Terra Madre (14.11), mentre sono in via di definizione le date di Bolzano, Venezia, Firenze, Modena, Palermo, Feltre, Udine, Reggio Emilia, Brescia, Padova, nonché in altre realtà dei territori colpiti da Vaia.

Qui di seguito il diario delle presentazioni di Roma, Avio (Tn), Mantova, Fiera di Primiero (Tn), Grumes (Tn).

Roma, Tenuta della Mistica (10 settembre 2020)

A Roma fa ancora caldo, ma alla Tenuta agricola e sociale della Mistica che fa capo alla Comunità di Capodarco l’afa è attenuata da una leggera brezza che accompagna la nostra presentazione. Siamo all’aperto, le misure del distanziamento sono rigorosamente osservate (molti incontri realizzati in città sono stati sospesi per la recrudescenza della pandemia). La presentazione è promossa dalla Scuola Politica Danilo Dolci e da POP, idee in movimento.

Con queste realtà si è andata costruendo negli anni una comunità di pensiero a partire dai nodi cruciali che affollano questo tempo interessante: dalla guerra dei dieci anni che non abbiamo saputo comprendere alla fatica del progetto europeo, dalla crisi della cooperazione internazionale al nodo cruciale dell’elaborazione dei conflitti, dall’attualità del pensiero di Hannah Arendt all’urgenza di nuove categorie interpretative per decifrare quel che accade, dalla solitudine di una politica esigente e capace di visione alla necessità di mettere in discussione i paradigmi della modernità, dalla declinazione della parola sicurezza in “prendersi cura” al “monito della ninfea”, ovvero un approccio che non rincorra gli avvenimenti ma capace di leggere le connessioni fra le crisi di natura sistemica che scambiamo per emergenze… solo per ricordare i titoli delle nostre conversazioni nel corso di questo decennio.

Una comunità che si è arricchita di una rete di interlocutori individuali e collettivi che quanto meno si pongono domande analoghe – cosa questa tutt’altro che banale – quand’anche riconducibili a collocazioni politiche diverse. In altre parole, una trasversalità di idee che lascia prefigurare una generatività politica di cui con Silvano Falocco (che della Danilo Dolci è l’anima) avvertiamo la crescente necessità.

Il dibattito alla Mistica indaga una crisi ecologica/ambientale che si manifesta pressoché quotidianamente nelle forme del cambiamento climatico, dell’erosione dei ghiacci, di eventi estremi come Vaia ma anche della proliferazione di nuove patologie, facendo emergere questioni cruciali come l’antropocentrismo, il rapporto fra uomo e natura, la cultura del limite. Nodi che si scontrano con un pensiero dominante che ancora di fonda sulle magnifiche sorti progressive dello sviluppo.

Marta Bonafoni, capogruppo della Lista Zingaretti alla Regione Lazio, ha in mano una copia del libro meticolosamente sottolineata. Conversare con lei è un piacere. Indica le parole chiave del libro, altre ne propone: solitudine (quella di chi quotidianamente si carica di responsabilità), guerra (a partire dalla muscolosità del modello estrattivo che riduce gli alberi a metri cubi di legname), cura (che per essere vera richiede la messa in discussione dei modelli di sviluppo e gli stili di vita), sentimento (la tristezza che attraversa il libro sin dalle prime parole di Gianmaria Testa), sincerità (perché la verità si preferisce non vederla) e altre ancora.

Le domande si accavallano, in realtà sin dal primo pomeriggio nella conversazione sempre stimolante con Alessandro Mengoli, ed ognuna di esse aprirebbe nuovi ambiti di indagine che il buio ormai incombente ci impedisce di affrontare. Fra i presenti – in questo luogo di cui ha sentito parlare ma che visita per la prima volta – c’è anche Marianella Sclavi che, da par suo, alimenta altri interrogativi (perché fermarsi solo sulla soglia delle dinamiche partecipative, quasi che la forma non fosse sostanza?).

Ceniamo tutti insieme e la serata romana in questo luogo di campagna è davvero piacevole. Marianella mi scriverà il giorno successivo per ringraziarmi della serata e per il nostro libro, “una cosa seria e importante”.

Avio (Trento), M’Ama festival (11 settembre 2020)

Avio è un grosso borgo sul confine fra il Trentino e il Veneto. Qui qualche anno fa la Lega ha iniziato l’avvolgimento dell’autonomia fino a riuscirci, ma è necessario dire più per demerito del centrosinistra autonomista che del carroccio sovranista e nazionalista.

E’ tempo di elezioni amministrative e qui si sfidano tre coalizioni principali, la destra salviniana, il Patt e alcune liste civiche, Avio Democratica e un’altra civica. Tullio Zampedri, che di quest’ultima coalizione è il candidato sindaco, mi chiama per fare la presentazione de “Il monito della ninfea” nel “M’Ama festival”, una quattro giorni di incontri, dialoghi, film, musica, racconti, libri ed eventi. Scelta coraggiosa per un candidato sindaco altrettanto coraggioso: un programma, il suo, dove si coglie la cifra della persona e un’idea di profondo cambiamento che va dalla montagna al biodistretto, dalle nuove geografie all’ospitalità diffusa, dalla storia dei luoghi ai diritti alla pace e al futuro. Parole chiare, che declinano il locale e il globale. Connessioni importanti, perché “l’innalzamento del clima porterà necessariamente a riprogettare tutto sul piano dell’amministrazione del territorio” dice Zampedri. Basterebbe questo per motivare il voto per il candidato architetto.

Parole con le quali il giornalista Walter Nicoletti che modera la serata e il sottoscritto dialoghiamo a partire da questo libro che prende a pretesto il dramma di Vaia per parlare della nostra insostenibilità. L’intreccio fra il futuro del comune di Avio e quello delle Dolomiti (come del mondo intero) sarà il motivo di fondo di una bella conversazione cui partecipano una trentina di persone.

Proprio in apertura del festival, potrebbe essere un buon viatico per un’impresa quasi disperata, almeno stando ai numeri delle precedenti elezioni. Ma ne vale la pena, se non altro per dare comunità politica ad un gruppo di persone che guardano al futuro.

Il M’Ama festival si dovrà interrompere purtroppo già il giorno successivo per rischio contagio Civid-19. E anche l’esito del voto non sarà quello auspicato. Ma intanto si va al secondo turno e non è detto che le buone idee non trovino comunque le strade per avere cittadinanza.

 

Mantova, nel giardino dell’Istituto di Storia contemporanea (17 settembre 2020)

La cornice è bella e prestigiosa, come del resto questa città. Si capisce fin dal primo momento che la presentazione sarà molto partecipata, anche se si tratta della prima manifestazione in presenza che qui si svolge dopo il lokdown. Capiamoci, si tratta di una cinquantina di persone ben distanziate, ma il pubblico è di quelli belli esigenti, che ti spremono per benino. Fra questi anche l’amico Paolo Sartori, conosciuto tanti anni fa quando a Trento era dirigente della Digos ma soprattutto come investigatore sui traffici criminali in Romania, Moldavia e Transnistria. Oggi il dottor Sartori è il questore di Mantova, ma per quanto possa essere una gran bella città ho come l’impressione che gli manchi quel lavoro di frontiera in una delle aree più delicate e segnate dalla post modernità dei Balcani e dell’Europa.

E poi le tante amiche conosciute grazie alle attività di formazione e ai viaggi organizzati dall’Istituto storico della resistenza di Modena per comprendere la guerra che nell’ultimo decennio del secolo scorso ha attraversato l’Europa e le connessioni che i processi della contemporaneità hanno sulle nostre esistenze. Anche in questo caso, piccole ma significative comunità di pensiero con le quali ho condiviso il mio sguardo sul mondo.

E anche in questa presentazione, in realtà, altro non facciamo che allargare questo sguardo a partire dalla crisi climatica, intrecciandola con quelle sanitaria, demografica, migratoria, ma anche economica e sociale.

Fuori dalle realtà colpite, Vaia appare probabilmente lontana, sfuocata, un evento come altri. Qualcuno ne avrà potuto vedere le conseguenze attraversando il territorio dolomitico nei giorni di vacanza, ma per la grande maggioranza questo nome non dice più nulla, lo stesso meccanismo di rimozione che ha il sopravvento di fronte alle immagini delle fiamme che devastano la California o l’Australia, oppure quelle delle locuste che fanno tabula rasa dell’agricoltura nel Corno d’Africa o nel vicino Oriente.

Il fatto è che il confine fra il reale ed il virtuale è così sfumato che lo stagno (per rimanere nella metafora della ninfea) ci appare perennemente sgombro almeno fin quando la situazione non diventa irreversibile. E a quel punto scatta l’altro atteggiamento, quello del “si salvi chi può” che ci porta ad essere in guerra con il prossimo.

Ecco che le connessioni dell’interdipendenza diventano cruciali, perché ognuna di queste crisi – a guardar bene – entra più o meno consapevolmente nelle nostre vite, riducendo le distanze e mettendoci di fronte alle nostre responsabilità. Ragion per cui spesso si preferisce non vedere.

Non è così per le persone che affollano il giardino nel cuore di questa bella città, che hanno scelto di essere qui per saperne di più e fors’anche per prendersi in carico la responsabilità che provo a trasmettere nel dialogo con Daniela Ferrari che dell’Istituto di Storia contemporanea che promuove la presentazione è la direttrice. E’ bello vedere il proprio lavoro preso sul serio, nei segna-pagine che colorano la copia di Daniela.

Un confronto che proseguirà a presentazione conclusa, come a testimoniare – anche in questa occasione – il bisogno di visione che i corpi intermedi non sanno assolvere. Nei giorni successivi Silvia Mantovani di Modena mi chiamerà per una nuova presentazione in quella città, considerato – mi dice – che queste opportunità sono così rare e che ad agosto molte persone non hanno potuto partecipare alla presentazione de “Il monito della ninfea” perché erano via.

 

Fiera di Primiero, nella splendida cornice del Palazzo delle Miniere (25 settembre 2020)

Il sodalizio trentino/bellunese si ricompone. Dopo alcune presentazioni ad una sola voce degli autori, in quella organizzata dal Parco Paneveggio – Pale di San Martino a Fiera di Primiero c’è anche Diego Cason. Ci tengo molto alla sua presenza, per un insieme di ragioni.

Intanto perché questo libro è scritto a quattro mani (in realtà sono molte di più, per effetto delle molte persone che abbiamo incontrato nei nostri viaggi attraverso le Dolomiti e di chi ci ha aiutato ad entrare in un mondo mettendoci a disposizione il proprio sapere) con storie e sensibilità diverse. In secondo luogo perché il territorio dolomitico è oggi un mosaico di normative diverse a partire dagli assetti storico/geografici, proprietari e legislativi di ciascuna realtà regionale (Lombardia, Trentino, Sud Tirolo, Veneto e Friuli). Ed infine perché all’origine di questo incontro con Diego c’è un’idea che ha molto a che fare con quella “regione che non c’è” e che con Diego immaginiamo come “Regione Dolomiti”.

Da qualche anno ormai vado parlando di nuove geografie. Non di nuovi confini rispetto a quelli attuali, ma di ecosistemi che ci aiutano ad abitare un mondo sempre più interdipendente, di montagne non più governate dalle città, di un’Europa scomposta e ricomposta attraverso storie di fiumi, mari, montagne sopra gli stati e le nazioni, al di là di confini costati milioni di morti.

Ne parleremo nei prossimi mesi nella nuova edizione di “Terra Madre” che si svolgerà in forme del tutto nuove a partire dall’ormai prossimo 8 di ottobre fino ad aprile dell’anno a venire proprio a partire dagli ecosistemi rappresentati dalle terre alte alle terre di pianura, dalle terre metropolitane alle terre d’acqua.

E ne parliamo in prima battuta anche a Fiera, in questo territorio che segna storicamente un limes territoriale, perché è proprio attorno all’insolito sodalizio trentino/bellunese che prende il là la prima domanda del nostro moderatore Walter Taufer, responsabile dell’ufficio stampa dell’Ente Parco. Terre vicine eppure lontane, che ben descrivono il carattere ibrido del Primiero.

A Fiera il confronto è con Silvio Grisotto, presidente del Parco Naturale Paneveggio Pale di San Martino e con Giovanni Giovannini, dirigente del Servizio Foreste e Fauna Provincia autonoma di Trento. E, ovviamente, con il folto pubblico dei presenti nella sala convegni del Palazzo delle Miniere, allestito nei mesi scorsi con il legno schiantato da Vaia.

Il riconoscimento verso il nostro lavoro assume qui un significato particolare, sia per il rapporto che c’è con la montagna, per le parole che dedica al nostro libro il presidente del Parco Grisotto e infine per la presenza in sala di un folto gruppo di persone che – grazie al gruppo di lavoro delle Acli coordinato da Stefano Sarzi Sartori – stanno lavorando in Primiero alla costruzione di un Patto di comunità, con i quali condivideremo una piacevole conversazione nel dopo presentazione.

 

Grumes, la più piccola delle Città Slow (27 settembre 2020)

Grumes è un piccolo borgo della Val di Cembra, ora parte del nuovo Comune di Altavalle. Eppure negli anni scorsi ha saputo conquistarsi – grazie alla visione ecosostenibile di Pio Rizzoli e alla valorizzazione dei propri percorsi storico/naturalistici – un riconoscimento significativo così da essere parte della rete internazionale delle Cittàslow.

Nell’ultimo week end di settembre nel piccolo borgo si svolge l’annuale fiera/festa di Cittàslow, una tre giorni di bancarelle espositive, dibattiti, musica, presentazioni di libri, all’insegna del buon vivere.

Fra quest’ultimi “Il monito della ninfea”. Non al Teatro Fontanelle ma in piazza, così che anche i passanti possano fermarsi ad ascoltare le riflessioni degli autori su Vaia, la montagna e il limite, intervistati da Vera Rossi, assessora del Comune di Altavalle.

Per fortuna, dopo due giorni in cui le temperature sono in caduta libera, esce un timido sole che ci aiuta nella presentazione e induce le persone a dar vita ad un nutrito uditorio nei pressi della fontana del borgo.

Qui Vaia non ha fatto danni rilevanti ma la consapevolezza che quell’evento abbia segnato una sorta di spartiacque per il territorio dolomitico è presente, lo potevamo comprendere tanto dall’attenzione del pubblico e ancor più dal numero di libri venduti, ben diciassette. Ne avremo conferma anche dai commenti seguiti alla presentazione, di cui Vera ci fa partecipi con un po’ di orgoglio.

Anche qui, in un borgo di montagna che quotidianamente si trova a lottare per costruire buone ragioni che inducano i giovani a rimanere sul territorio e a costruirsi una prospettiva proprio all’insegna del “buon vivere”, si avverte la necessità che la politica si possa riconnettere con i processi reali, per coniugare la visione alta di un nuovo racconto con la concretezza di risposte intelligenti e praticabili.

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