Ala, Palazzo Zanderighi
venerdì, 14 agosto 2020
14 Agosto 2020
Un'immagine della presentazione a Mantova
domenica, 4 ottobre 2020
4 Ottobre 2020
Ala, Palazzo Zanderighi
venerdì, 14 agosto 2020
14 Agosto 2020
Un'immagine della presentazione a Mantova
domenica, 4 ottobre 2020
4 Ottobre 2020

martedì, 1 settembre 2020

Dopo Ala, di cui ho già parlato in questo diario, presentiamo “Il monito della ninfea” a Costalta di Cadore, Agordo, Castello Tesino, Cavalese, Dosoledo e, ultimo in ordine cronologico, in Val di Sella. In questi borghi e località delle valli dolomitiche Vaia ha lasciato il segno.

Due anni dopo la tragedia, soprattutto in provincia di Belluno ma anche in Trentino, si ha l’impressione che una buona parte degli alberi sradicati rimarranno dove il vento li ha sradicati o spezzati fino a consunzione. Perché le aree sono impervie, perché il legname migliore è stato prelevato, perché il costo del prelievo è maggiore di quanto si può ricavare dalla vendita, perché gli enti locali sono stati lasciati soli… le ragioni sono molte.

Anche là dove il legname è stato recuperato, il paesaggio che si presenta è di migliaia di ceppaie divelte e di declivi segnati pesantemente da strade forestali improvvisate percorse dai mezzi cingolati. Solo in alcune aree circoscritte sono in azione le ruspe per ripristinare un pascolo scomparso nel corso dei decenni di abbandono. Nella speranza che un processo di ritorno alla montagna si possa concretizzare.

Ai margini del bosco, laddove le piante si sono indebolite, il bostrico sta seccando migliaia di alberi. Come un’azione a scopo ritardato, questi insetti rappresentano l’onda lunga di Vaia. Così come il susseguirsi di altri eventi estremi che si abbattono su boschi resi oltremodo fragiliti dal vento di due anni fa.

E poi ognuno di questi luoghi ha una storia da raccontare, che in qualche modo fa da cornice alla tragedia di fine ottobre 2018.

Costalta di Cadore è una frazione di San Pietro di 480 anime, abbarbicata come recita il suo nome su una costa scoscesa del Monte Zovo a circa 1300 metri sul livello del mare. Siamo nel Comelico, la parte del Cadore a ridosso del confine con l’Austria, in provincia di Belluno. Una comunità ladina che ha saputo salvaguardare oltre alla lingua anche la struttura architettonica del borgo, con le sue tipiche costruzioni in legno che, con il turismo, rappresenta la principale risorsa del territorio. Non solo legname da vendere, ma anche materiale prezioso per lavorazioni artigianali di varia natura. Qui Vaia non ha prodotto danni diretti, ma nessuno può chiamarsi fuori. Al contrario l’affollamento estivo sembra attenuare anche le conseguenze della pandemia.

La persona che ci accoglie è Lucio Eicher Clere che con Marta, sono i continuatori in quarta generazione di una tradizione famigliare che ha garantito al paese di Costalta la bontà del pö

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