sabato, 20 giugno 2020
20 Giugno 2020domenica, 19 luglio 2020
19 Luglio 2020Nelle valli del Pasubio il tempo è da lupi e sembra ricordare in qualche modo quel pomeriggio del 28 ottobre 2018 quando Vaia passò anche da qui.
Sotto la pioggia intensa, arrivando al rifugio Masetto poco sopra l’abitato di Geroli, immaginavo che la prevista presentazione de “il Monito della ninfea” si sarebbe risolta in una chiacchierata fra pochi intimi. Ovviamente l’incontro non si sarebbe potuto svolgere all’aperto e di conseguenza Anna e Gianni, sapendo il fatto loro, avevano predisposto una bella sala al piano superiore con il necessario distanziamento dei posti a sedere.
Vederli tutti occupati, con qualche persona in piedi, ci dice di quanto quel luogo rappresenti non solo un’idea che sapeva guardare lontano ma anche una pratica importante di rinascita di un territorio così vicino eppure apparentemente lontano.
Sono le parole del suo animatore a raccontarci dell’entusiasmo e della fatica nell’avviare questa esperienza che ha dovuto superare anche lo scetticismo iniziale delle persone del posto e di come invece la qualità della proposta culturale, compresa la cultura del cibo (considerato che il Masetto è nella guida delle osterie d’Italia di Slow Food), li abbia aiutati a diventare un punto di riferimento per tutta la zona.
Malgrado una pandemia che per mesi ha messo e ancora mette in difficoltà proposte di ristorazione collocate in ben più raggiungibili contesti urbani, il Masetto richiama l’attenzione di chi ama la bellezza e il piacere di condividere quel che nutre il nostro pensiero come il nostro palato.
Così, con nemmeno dieci minuti di ritardo sull’orario previsto, iniziamo la presentazione ed immediatamente percepisco come il nostro libro entri perfettamente nello spirito del luogo. Nel saluto di Gianni Mittempergher e nella presentazione di Christian Arnoldi chiamato a moderare l’incontro (il suo libro “Tristi montagne. Guida ai malesseri alpini”, Priuli & Verlucca Editori, lo fa un interlocutore d’eccezione), nel taglio esigente verso cui il moderatore ci porta, nell’attenzione con cui il pubblico segue le nostre parole, nelle considerazioni e nelle domande dei presenti, emerge tutto il profilo di questo nostro lavoro.
Nell’incontro non parliamo di ciò che è accaduto in quei tragici giorni dell’autunno di due anni fa, del resto qui tutti lo sanno, ma del messaggio che Vaia ci ha consegnato e che ancora le nostre comunità fanno fatica a cogliere. Dell’intrecciarsi di avvenimenti solo apparentemente estranei l’uno all’altro, che si parli degli eventi meteorologici estremi, delle pandemie o della nostra ordinaria insostenibilità. Di un progresso che si ha resi ciechi di fronte alla natura.
Così quello che si svolge al Masetto è un incontro che va al cuore dei grandi nodi del nostro tempo e di un’interdipendenza che entra prepotentemente nelle nostre vite. Dell’urgenza di nuove visioni e di nuovi paradigmi. Della politica che non sa dare risposte che non siano quelle emergenziali, ritrovandosi così a rincorrere gli avvenimenti.
In questo modo la presentazione de “Il Monito della ninfea” diventa un’occasione di riflessione collettiva e, del resto, era proprio questo ciò che con Diego Cason ci eravamo preposti quando abbiamo deciso di dare corpo alle immagini e alle considerazioni che la tempesta Vaia ci andava proponendo. Riflettere insieme su quel che accade e come venirne a capo.
Mentre l’incontro si conclude, il sole si riprende la serata come a premiarci rispetto all’improbabile e a mostrarci il meglio del luogo in cui siamo. E l’applauso che segue alle parole ci dice che forse non tutto è perduto.