venerdì, 24 gennaio 2020
24 Gennaio 2020sabato, 15 febbraio 2020
15 Febbraio 2020«Se nella relazione si considera l’altro, o l’altra, non un oggetto ma un soggetto
viene spontaneo mettere in atto comportamenti come l’ascolto,
la capacità di darsi e il senso del limite.
Nasce così un dialogo in grado di accrescere le potenzialità di entrambi
e questo è il presupposto del cambiamento di ciò che ci circonda»
Marina Pivetta
(intervento nel convegno “Se vuoi la pace, prepara la liberazione”
svoltosi a Trento il 13 aprile 1991)
Sapevo del male contro cui stava lottando. Stefano me ne aveva parlato qualche mese fa. Ma proprio non avevo messo in conto di andare a Castelluccio (borgo nei pressi di Porretta Terme, nel cuore dell’Appennino tosco-emiliano) per un ultimo saluto a Marina. Nella sua amata “casa rossa” che lei aveva immaginato come dimora degli anni in cui tirare il fiato dopo una vita senza mai risparmiarsi, fra le braccia di quella sua terra madre e di una storia famigliare di cui andava orgogliosa.
Ci eravamo visti con Marina Pivetta e Stefano Semenzato dieci anni fa, era il 27 aprile del 2010 (così mi racconta questo mio diario). Ero andato a Roma per cose che già in partenza sapevo che non valevano la pena e, come spesso accadeva, avevo trovato rifugio in quel luogo amico che era la loro casa. Quella volta in realtà era andata diversamente. Era un tardo pomeriggio e mi aspettava l’ultimo volo per Verona. Così andammo a cena insieme a Fiumicino, in riva al mare, in fondo non molto distante dal luogo da cui sarei ripartito verso casa.
Ricordo una buonissima frittura di pesce. Ma soprattutto il calore e la dolcezza di quella serata, come in un reciproco coccolarsi nella crescente estraneità verso le cose del mondo e delle meschinità della vita. Nessun reducismo, nessun rancore. La consapevolezza, invece, del lavoro profuso, del valore delle relazioni intessute e del piacere del riprendersi il tempo in altre stagioni mai lesinato.
Per Marina aveva significato, e ancora significava, un lungo tragitto attraverso l’universo femminile e femminista, mettendo in gioco tutta se stessa, la sua sensibilità e la sua competenza. Marina era insieme tante cose: donna e madre, militante e giornalista. E poi, come sabato scorso ci ha raccontato Stefano, anche un po’ strega. E tutte queste cose sapevano abitare in lei naturalmente, senza separatezza.
Immagino che non ci sia luogo dell’arcipelago delle donne con il quale Marina non abbia in qualche modo interagito. A partire dalle sue creature, “Radio Donna”, “Quotidiano Donna”, “Paese delle donne” in Paese Sera, “Il Foglio de il Paese delle donne” e “paesedelledonne-on line” e tante altre esperienze ancora, Marina c’era sempre. Che non si fermava di certo sulla soglia del suo impegno professionale di giornalista, nel Quotidiano dei lavoratori prima e in Rai poi, perché non si è “prestati alla politica”, ma si è politica, come scrive Sandra Macci (
1 Comment
Caro Stefano,
è singolare il fatto di tornare in contatto dopo, credo, venti-venticinque anni. Tanti infatti ne sono passati, sono scorsi via come acqua di fiume, tra sassi e slarghi quieti.
La notizia del fatto che Marina vi e ci ha lasciati, mi ha colpito. Improvvisa. Inattesa, ovviamente.
Non solo per il tempo trascorso e la distanza, ma anche e soprattutto perché così prematura!
Io la rivedo ora come allora, col suo piglio intenso e passionale di donna autorevole, come giornalista e come politica. Una donna che molto ha dato al movimento femminista e molto ha aiutato tutte e tutti noi a crescere.
Il foglio rosa del Paese delle donne, con le lunghe colonne fitte di caratteri minuscoli per poter scrivere molto in poco spazio, rimane a testimoniare il suo genio, l’impegno e il cuore che ha riversato nell’impresa della politica. Di una politica buona e intelligente, caratterizzata da un pensiero critico mai domo, sempre inquieto e lucido contemporaneamente.
Il suo bel viso dall’espressività intensa rimane impresso in tutte – tutti noi che l’abbiamo stimata e amata.
E ci ammonisce a non desistere nella ricerca di un mondo migliore, rispettoso dei diritti.
In questo tempo attraversato da folate scure di rancore, di sovranismi ed odio, c’è bisogno di essere in grado di comprendere ciò che succede, senza smarrire la bussola dei valori di solidarietà e giustizia, verso le persone, i popoli e il pianeta.
Marina rimane esempio della volontà di trasformare la società, la cultura e le scelte individuali per restituire senso al nostro essere sulla terra.
Spero che un abbraccio ideale la raggiunga, attraverso queste parole.
A te dedico un pensiero affettuoso, di vicinanza e condivisione del dolore per la grave perdita.
Vale!
Micaela Bertoldi