martedì, 18 marzo 2014
18 Marzo 2014martedì, 6 maggio 2014
6 Maggio 2014Metto in forma di diario di bordo quel che scrivo nella home page a proposito del "Patto per lo sviluppo economico e per il lavoro" perché ciò a cui assisto è la progressiva demolizone dell’impegno profuso durante la XIV legislatura nell’affermare un’idea di sviluppo locale fondata sulle vocazioni del territorio. Lo considero come parte integrante di un progetto che – inconsapevolmente o meno – tende a cancellare gli aspetti più qualificanti dell’anomalia politica trentina faticosamente costruita nel corso di tre legislature.
Leggo e rileggo il testo per trovaretraccia di un’impostazione territoriale che avevamo cercato di darenella scorsa legislatura ad un Trentino alle prese con una crisi dinatura strutturale e per ciò stesso richiedente un cambio diparadigma che avevamo individuato nell’identità economica dellenostre valli e nell’“animazione territoriale” come forma dipianificazione strategica fondata sulle comunità.
Prendo atto che di tutto questo non c’ètraccia nelle “Misure per lo sviluppo economico e il lavoro”, il“Patto” siglato sabato scorso dalla Provincia Autonoma di Trentocon le organizzazioni sindacali e imprenditoriali. O, meglio, unatraccia c’è ed è quella del Fondo strategico regionale per losviluppo locale, l’idea di una “finanza di territorio” che avevoproposto in una specifica mozione poi entrata nelle leggi finanziarieregionale e provinciale, la cui attuazione rappresenta uno dei pochispunti di novità del documento.
Ma il tratto di fondo, la filosofia delpatto siglato, è ancora una volta di natura anticongiunturale,funzionale ad una ripresa che si vuole legata all’innovazione e allaricerca, parole purtroppo abusate, in grado di intercettare programmi europei e quel che la PATancora (per poco) riuscirà a mettere in campo.
Niente di male, intendiamoci, ma non èquesta la strada per immaginare un nuovo modello di sviluppo perquesta nostra terra. Ricerca e innovazione non sono di certo unanostra specifica prerogativa (nel senso che tutti ci provano) e nonsi capisce perché il Trentino dovrebbe essere più capace in questodi un qualsiasi altro luogo che si pone gli stessi problemi. Ladifferenza la dovrebbe fare il concetto di "unicità dei territori",nell’indagare e valorizzare le vocazioni e le capacitàche l’uomo ha avuto nella storia di entrare in relazione con lanatura e il cui effetto dovrebbe essere quello di realizzare benialtrove irripetibili. Mettendo alla prova in questo tanto la ricerca, quanto l’innovazine.
Proprio sul piano della pianificazionestrategica territoriale si giocava il ruolo delle Comunità di Valleed è stata questa la pagina forse più significativa che, nel dialogo frai soggetti e le sensibilità presenti nei territori, aveva messo incampo una nuova proposta di sviluppo locale. Un lavoro coordinatonell’ambito di “Trentino Sviluppo”, società di sistema altrimenti destinata alla continua rincorsa delle emergenze, cheavrebbe dovuto assumere questo approccio come propria visione difondo.
In questo senso andavano le iniziativelegislative sull’“animazione territoriale” che su mia propostasono state approvate e diventate leggi della Provincia Autonoma diTrento nella scorsa legislatura.
Liquidate le Comunità di Valle,liquidato il gruppo di lavoro sullo sviluppo territoriale di "TrentinoSviluppo", si è messa in discussione, non so se consapevolmenteoppure no, anche la strategia di sviluppo locale della quale avevamofaticosamente messo le basi anche sul piano legislativo.Va bene che vi sia concertazione fra le parti sociali, va bene il sostegno finanziario agevolato (ma non indiscriminato), vanno bene gli incentivi e gli sgravi fiscali… ma per quale modello di sviluppo il documento non lo dice.
Lo dico con l’amarezza di chi vede divenire carta straccia il proprio lavoro: il “Patto” siglato la scorsa settimana ci racconta di una politica economica per il Trentino che non c’è.