Mare
sabato, 16 novembre 2013
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Sorgente d’acqua
lunedì, 14 aprile 2014
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lunedì, 14 aprile 2014
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martedì, 18 marzo 2014

Per cinque anni ho scritto un “diario di bordo” quasi si trattasse di un rapporto giornaliero sul mio lavoro istituzionale, rivolto a tutti ma in primo luogo alle persone che mi avevano votato nel 2008. Che, scegliendo in numero consistente di non sostenermi per un nuovo mandato, evidentemente non hanno condiviso questo mio operato o, più semplicemente, l’hanno considerato inessenziale rispetto ad altre aspettative (o appartenenze) che meglio rispondevano al loro sentire. E’ andata così, me ne sono fatta una ragione e non ho alcun rimpianto.

So di essermi speso con ogni energia e di aver lavorato bene. Del resto l’azione legislativa lo sta a dimostrare più di ogni altra cosa. Ho lavorato molto sulle questioni ambientali (la salvaguardia del Colbricon, l’acqua come bene comune, l’opposizione alle centrali che avrebbero devastato il territorio come la centrale sull’Altissimo o quelle sull’Adige, l’orientamento sulla chiusura del ciclo dei rifiuti in Trentino, la legge sull’amianto…), ho ridato centralità alle tematiche dell’agricoltura (la LP 13/2009 sulle filiere corte e l’educazione alimentare, la LP 3/1011 sui fondi rustici, le disposizioni legislative in Finanziaria sull’animazione territoriale e sulla certificazione nutraceutica dei prodotti locali), ho portato a compimento la riforma del sistema informativo trentino (la LP 16/2012 su Sinet, software libero e dati aperti) e riconosciuto valore al tema cruciale dell’apprendimento permanente (la LP 10/2013). Proprio in questi giorni ho concluso il mandato di presidente del Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani dando un nuovo impulso all’azione di questa istituzione che in molti vorrebbero cancellare, cercando di declinare in forma originale i temi della pace e della mondialità. Infine credo di aver svolto un ruolo politico tutt’altro che scontato in un’assemblea ahimè piuttosto mediocre, cercando in ogni finanziaria e nei passaggi cruciali del confronto sulla crisi di portare un contributo di idee che hanno positivamente interagito con l’azione di governo. Facendo altresì da ponte di dialogo nella coalizione di governo laddove invece tendeva a prevalere l’imboscata.
E, sempre sul piano politico, credo sia stato significativo l’aver dato vita ad uno spazio di pensiero come “Politica responsabile”, qualcosa di più di un blog, un incubatore di idee, di sapere formativo e di nuova classe dirigente.

(So anche quello che non ho fatto, come correre dietro alle istanze corporative, sparare contro la mia giunta facendomi carico delle contraddizioni e anche di scelte che avrei voluto diverse, tenermi alla larga dalla politica del chicchericcio alimentata da un’informazione alla ricerca di sangue, fidelizzare le persone con cui entravo in contatto, curare l’immagine…)

Una cosa però, alla luce dei primi mesi della nuova legislatura, mi preoccupa e per questo ho deciso di scrivere queste righe che scelgo di collocare in questa rubrica ormai lasciata “a futura memoria” e che voglio rimanga ben visibile nella sua peculiare unicità e trasparenza (parola, questa, tanto più evocata quanto più espressione di ipocrisia).

Quel che voglio trasmettere è l’inquietudine per il clima da restaurazione che vedo nelle scelte della Provincia in questi primi mesi di governo. Qui non è questione di discontinuità, pressoché naturale quando cambiano i protagonisti di una stagione politica. Quel che mi sembra di vedere ha piuttosto a che fare con la messa in discussione dell’anomalia politica che ha reso diverso il Trentino negli ultimi quindici anni facendo della nostra terra – come ho spesso avuto modo di dire – l’unica regione dell’arco alpino che non fosse preda della paura e dello spaesamento. E che, a guardar bene, è il tratto che ha segnato l’esito delle elezioni provinciali dell’ottobre scorso.

Sul piano politico, in primo luogo. Il centrosinistra autonomista ha rappresentato in questi anni una preziosa alchimia politica. Una sinistra che dall’89 in poi ha cercato strade originali di dialogo e di cambiamento. Che, nel far questo, ha saputo incontrarsi con un’analoga sperimentazione originale – la nascita della Margherita – collocando la tradizione del popolarismo nell’orizzonte del centrosinistra.
Costringendo così il piccolo partito autonomista ad uscire dal limbo del “blok frei”. Non era affatto scontato e se il quadro politico trentino non è stato la fotocopia di quello nazionale lo si deve, fra l’altro, ad una classe dirigente che invece oggi viene considerata ingombrante.

Ma le elezioni di ottobre hanno dato fiato ad un’altra narrazione: quella dell’anti-dellaismo, nel PD del Trentino come nella stessa UpT, quella della discontinuità che ha portato al successo del PATT nelle primarie (prima nella demolizione di Pacher come candidato naturale e successivamente nella sconfitta di Olivi, risultato ascrivibile in primo luogo al disimpegno di una parte del PD) con il conseguente spostamento di equilibrio politico, nella sconfitta – trasversale – del disegno di rilanciare la sperimentazione politica trentina attraverso la costruzione del partito territoriale, con il premiare dentro i partiti del centrosinistra autonomista le candidature ostili a questo progetto.

Sul piano dell’azione di governo, in secondo luogo. La cosa che forse più mi preoccupa è la sistematica demolizione dei tratti di riforma che hanno segnato in questi quindici anni l’anomalia di questa terra, il che accomuna l’archiviazione del senso politico delle Comunità di valle con il conseguente ri-accentramento provinciale, la liquidazione del lavoro sull’animazione territoriale che aveva come oggetto la definizione di modelli di sviluppo specifici per ogni comunità territoriale e il ruolo di Trentino Sviluppo (ivi comprese le scelte sui vertici della società di sistema), la scelta di far saltare l’accordo con Telecom che avrebbe portato la connessione veloce anche nel più remoto angolo del Trentino e i ritardi nell’applicazione della LP 16/2012, la latente messa in discussione della legge sull’autonomia scolastica (laddove i provvedimenti annunciati in materia scolastica contraddicono le scelte compiute nella passata legislatura), i tagli sugli investimenti culturali … e potrei continuare. Lo stesso polverone sulla questione dei privilegi della politica – per quanto sia comprensibile l’indignazione verso le cifre corrisposte ai titolari dei vitalizi – penso sia ascrivibile a questo clima di demolizione di una stagione politica. Che, come ho avuto modo di scrivere, non renderà di certo migliore la politica. Più aggressiva e cattiva, invece.

Spero di essere smentito e che il Trentino sappia riprendere la propria strada. Quando, nei mesi scorsi, parlavo della presenza dentro e fuori il centrosinistra autonomista (e nel PD in particolare) di diverse visioni sulla vicenda politica trentina negli anni in cui l’arco alpino era nelle mani del berlusconismo e del leghismo, non si è voluto comprendere quale fosse la posta in gioco. Ora, ucciso il padre, l’omologazione è più vicina.

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