Il fiume Adige
mercoledì, 13 febbraio 2013
13 Febbraio 2013
17 novembre 1957, verso Castelfirmiano
martedì, 19 febbraio 2013
19 Febbraio 2013
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giovedì, 14 febbraio 2013

Parlare di diritti di cittadinanza nella campagna elettorale non è affatto scontato. Se ci fate caso il tema viene usato piuttosto all’incontrario, per fomentare paure e populismo, da chi vuol giocare sulla pelle degli immigrati per conquistarsi un facile consenso.

La Lega Nord in questa campagna elettorale non ha fatto altro. Manifesti tanto giganti quanto vergognosi, per dire che un extracomunitario con quattro figli in Trentino po’ riuscire a prendere 2000 euro al mese senza lavorare. Tipico esempio di malafede e di uso strumentale delle informazioni. Sì, perché ogni cittadino residente da almeno tre anni in Trentino che si venisse a trovare senza lavoro e con quattro figli a carico, grazie agli interventi che abbiamo messo in atto nelle finanziarie sul piano degli ammortizzatori sociali in tempo di crisi, potrebbe arrivare ad avere quella cifra, peraltro per un periodo limitato di tempo. E questo a prescindere dal colore della sua pelle, dalla sua religione o dal luogo di origine della sua famiglia.

Il reddito di cittadinanza, unica regione italiana il Trentino che l’ha introdotto, è un fatto di grande civiltà, peraltro presente in numerosi paesi europei. Usarlo per dire che chi non ha voglia di lavorare prende soldi dalla Provincia e associarlo ad una forma nemmeno tanto velata di razzismo è una volgarità, punto e basta. Per la cronaca i casi in questione si contano sulle dita di una mano, ma questo non ha alcuna importanza.

Di ben altro tono è il confronto che si svolge per iniziativa del circolo del PD del centro storico a Piedicastello. A trattare il tema della cittadinanza ci siamo io e Michele Nicoletti, candidato alla Camera dei Deputati. Contrariamente a quel che mi aspetto la sala è piuttosto affollata, di un pubblico attento e rappresentativo di molte realtà di impegno sociale. E quelle che emergono nella discussione sono le storie di ordinaria discriminazione con le quali abbiamo a che fare anche in un contesto come il nostro che pure in questi anni ha impegnato risorse sul tema dell’accoglienza.

Dalla cittadinanza negata ai bambini nati in Italia da genitori stranieri, con quel che significa in caso di perdita del permesso di soggiorno per effetto del venir meno del lavoro ad esempio. Negli interventi si parla di tante persone che in questi ultimi mesi hanno deciso di rientrare nel loro paese d’origine per effetto della crisi perdendo tutti i contributi sociali maturati, oppure del non poter partecipare ad una gita scolastica o ad un programma Erasmus, o ancora della difficoltà di avere una casa o di accedere ad un mutuo…

Cerco di portare il confronto oltre le pur importanti questioni di impatto sociale, per cercare di comprendere da dove venga la discriminazione e la paura. E di come la nostra memoria sia così fragile e breve dall’aver dimenticato in fretta di quando ad emigrare eravamo noi, un Trentino dove negli anni ce precedettero la prima guerra mondiale se ne andarono nelle "meriche" o nelle "bosnie" quarantamila nostri giovani, praticamente un quinto della popolazione trentina. E di come il fenomeno migratorio continuò fino a metà degli anni ’70 quando, grazie al secondo statuto di autonomia e all’autogoverno, finalmente questa terra conobbe una svolta sul piano del benessere sociale.

Senza dimenticare le pagine dolorose del colonialismo e delle opzioni, alla faccia degli italiani brava gente. L’altra faccia dell’emigrazione. E di come la discriminazione sia sempre in agguato, quando consideriamo l’altro o il diverso come un pericolo. Ma come si è fatta l’Europa? Nell’incontro fra oriente e occidente, nelle migrazioni di gente (e di conoscenza) lungo le sponde di un Mediterraneo oggi diventato il cimitero delle carrette del mare, noi che siamo così orgogliosi di avere radici austroungariche ci siamo dimenticati (o abbiamo rimosso) che a Trento all’inizio del secolo c’era un luogo di culto islamico per i soldati di un impero multinazionale e multiculturale. E quanto abbiamo studiato ed elaborato la vicenda del Simonino e l’espulsione della comunità ebraica anche dalla nostra terra?

Solo nel riconoscimento dell’altro c’è la cittadinanza. Non solo dei suoi diritti e doveri, ma nel conoscere la storia, la geografia, le culture che poi non sono altro da noi, ma parte stessa della nostra identità, che è in divenire o muore.

Proprio su questo stiamo operando con il nuovo protocollo di Millevoci, realizzato all’insegna del passaggio dall’accoglienza alla cittadinanza. E così dovrebbero ripensarsi anche le politiche della Provincia Autonoma di Trento, andando oltre la logica dell’aiuto materiale e procedurale. Per una nuova cittadinanza, tutti dovremmo metterci in discussione.

Forse di serate come questa avremmo dovuto organizzarne di più in questa campagna elettorale così giocata sugli umori. Perché non se ne parla e perché sentire Beppe Grillo che dice parole non molto diverse da quelle di Borghezio, accomunati nella ricerca di un facile consenso cavalcando il peggior populismo, davvero mi inquieta.

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