
giovedì, 7 febbraio 2013
7 Febbraio 2013
mercoledì, 13 febbraio 2013
13 Febbraio 2013Fra meno di quindici giorni si vota per il rinnovo del parlamento italiano (e contemporaneamente per alcune importanti regioni italiane come la Lombardia e il Lazio). Le elezioni politiche sono da sempre un passaggio decisivo nella vicenda italiana, queste in particolare potrebbero segnare una svolta politica rispetto allo scenario caratterizzato da vent’anni di presenza del signore di Arcore. Insomma, ci giochiamo il futuro assetto politico del paese.
Eppure ho la sensazione che l’esito sia meno che mai nelle nostre disponibilità. Forse perché in questa breve campagna elettorale protagonisti sono i grandi network, le televisioni e – fatto inedito almeno in Italia – la rete. Tutto sembra virtuale, l’andamento dei sondaggi ha scandito sin qui in tempo reale l’orientamento politico degli italiani, certificando la politica come un prodotto, piuttosto che valori da affermare, idee da condividere, progettualità da realizzare. La politica viene spettacolarizzata e personalizzata, quel che conta è prendere la scena e spararla grossa, mandare tutti a casa, far leva sulle emozioni e sulle paure. Che farsene dunque dell’impegno sociale, delle idee, della conoscenza e dell’esperienza?
Non aiuta certo una legge elettorale che tutti hanno criticato ma che non si è voluto cambiare. Chi saranno gli eletti lo hanno deciso le segreterie dei partiti nazionali (solo attenuata dalle primarie di un solo partito) o, peggio ancora, i padri-padroni. I risultati delle urne indicheranno il numero degli eletti, come a confermare o smentire i sondaggi. Ciò nonostante la partita è vera e quel che ne può venire è l’aprirsi di una fase nuova.
Per questo, contrariamente al mio sentire, provo a dire al segretario e agli altri candidati che ci sarebbero alcuni temi sui quali si è lavorato in questi anni che potrebbero diventare motivo di riflessione e fors’anche di orientamento elettorale, ma sembra quasi che i nodi che investono il modello di sviluppo e la cultura del limite, l’Europa e la primavera araba, la cooperazione internazionale e i flussi migratori, le spese militari e la cultura della pace…, tanto per toccare alcuni temi che hanno fatto da sfondo alla mia/nostra azione legislativa e politica, siano considerati ingombranti. O forse siamo già ad ottobre?
E’ mia opinione che qui come altrove ci si affidi troppo alla campagna elettorale nazionale. Perché i temi della montagna, del governo del territorio, dell’agricoltura e del modello di sviluppo del Trentino non divengono oggetto della nostra iniziativa elettorale? Un partito a compartimenti stagni o l’assenza di una direzione politica capace di far tesoro del governo dell’autonomia? Probabilmente entrambe le cose. Prima della campagna elettorale, quando avremmo dovuto fare dell’autonomia il centro della nostra proposta così da immaginare che Lorenzo Dellai potesse essere il capolista di un Trentino Democratico che avrebbe portato a casa il 40% ed oltre dei consensi. Così ora, nell’appiattirci sulla campagna elettorale nazionale, è come se non avessimo nulla di nostro da dire o da rivendicare della nostra importante anomalia politica.
Si è molto parlato in queste settimane della collocazione dell’UpT al Senato, quasi non fosse affatto scontato il sostegno di Dellai al centrosinistra. Ed ora che Dellai, insieme a Pezzotta ed altri, propone il voto disgiunto ed il sostegno al candidato del centrosinistra Ambrosoli in Lombardia, questa cosa sembra quasi dare fastidio. Una indicazione che – oltre al valore in sé – ci dice molte cose. Ad esempio che le liste civiche per Monti sono un magma non omogeneo e che il tema della territorialità (delle terre alte) non ha ancora trovato rappresentazione politica. Che fra l’impostazione dallaiana e quella del professore c’è una profonda diversità. Che in Trentino l’esperienza del centrosinistra autonomista si è retta su un equilibrio che ha avuto nell’UpT un interlocutore decisivo (a conferma di quel che diceva nei giorni scorsi il presidente Pacher in un intervista su uno dei quotidiani locali) e che l’originale sperimentazione politica trentina andrebbe tutelata e fatta crescere. Ma sappiamo che su questo la narrazione nel PD del Trentino (come nella stessa UpT) non è affatto omogenea, se è vero che in queste ore persino Grisenti diviene oggetto d’attenzione pur di non avere a che fare con l’ex presidente.
Guardando ad ottobre la questione è cruciale, investe l’analisi sul presente e sul futuro di questa terra. Ma non possiamo permetterci ancora anni di navigazione solitaria. Per questo occorre aprire una fase nuova nel paese, il che non è affatto scontato. Dobbiamo avere piena consapevolezza che se questo paese ha dato per anni fiducia a Berlusconi e a Bossi, ciò è avvenuto non perché gli italiani si sono sbagliati ma perché la pensavano come loro. Tanto che è bastato poco perché ci si scordasse che oggi si va alle elezioni anticipate per la palese incapacità del centrodestra di proseguire la legislatura in un Parlamento dove pure aveva una larga maggioranza. E che si va a votare anticipatamente nel Lazio e in Lombardia per effetto degli scandali che hanno decapitato queste regioni. Fra incantatori di serpenti e comici, del Batman, del Trota o degli scandali prosperati al cospetto del potente presidente della Lombardia nemmeno ci si ricorda. Del resto, questa gente qualcuno l’avrà pure votata…
Con la stessa amnesia (o falsa coscienza) collettiva si rincorre l’antipolitica. Davanti a piazze gremite di gente lo sproloquio di Grillo inquieta quanto le fanfaluche o le oscenità del Cavaliere. Quel che dice sull’autonomia e sull’autogoverno è un vero e proprio insulto alla nostra storia, ma questo non sembra turbare più di tanto la folla che assiste alle performance del comico genovese. Se la nostra comunità non ha saputo sin qui costruire gli anticorpi ad una simile deriva, qualche responsabilità evidentemente ce l’abbiamo anche noi.
Nelle scorse settimane, per descrivere quel che accade in Italia, ho parlato di diciannovismo, quel contesto sociale, culturale e politico che segnò il primo dopoguerra e che diede il là alla nascita del fascismo. La crisi della politica non ci consegna affatto una situazione facile. Mi auguro che non sia così, che tanto gli italiani quanti i trentini sappiano distinguere. E se anche il centrosinistra riuscirà a prevalere, è con questa pesante eredità dovremo saper fare i conti.
3 Comments
A parte il lapsus sul dellaismo che diventa dallaismo, quasi che nel subconscio di Michele il Dalai-lama si appresti a sostituire Ratzinger come massima autorità religiosa mondiale mentre, in dodicesimo, l’ex governatore nostro per la sua insostituibilità sul territorio finisca per assumere in se ogni potere, reincarnazione moderna del Madruzzo, principe-vescovo frequentatore assiduo della Curia romana. Mi sia permessa la battuta, non del tutto fuori luogo alla luce dell’apprezzamento ad ogni piè sospinto dell’azione politica di Dellai da parte di Michele. Intendiamoci, l’ho scritto anch’io sul “Trentino” che Dellai a Roma sarà una risorsa per il Trentino, ma detto questo noi di sinistra, pur apprezzando la dichiarazione dellaiana pro-Ambrosoli, dobbiamo guardare oltre. Oltre, data l’inconsistenza assoluta di queste elezioni politiche, vuol dire preparare la battaglia autunnale per l’autonomia integrale, la revisone dello Statuto regionale, l’elaborazione di atti di indirizzo che segnino un radicale cambio di direzione del modello di sviluppo alpino nel senso della decrescita, del limite, della tutela dei beni comuni, temi sui quali (il referendum sull’acqua ne fu un segno) le sensibilità popolari ci sono, basta dar loro voce in sede istituzionale. Dare forza al progetto di Comunità responsabile mi pare l’unica via percorribile, dando per persi i simulacri che localmente vorrebbero atteggiarsi ad incarnazioni locali dei partiti nazionali. E’ ora di stendere un velo pietoso sulla narrazione che ha teso ad accreditare dal dopoguerra ad oggi l’esistenza in Trentino di sezioni organiche dei partiti nazionali. Usciamo da questa illusione in fretta, altrimenti il risveglio autunnale sarà brusco, con la prospettiva di fare l’opposizione al partito territorial-clientelare di Silvano Grisenti avendo come compagno di strada il movimento cinque stelle, più attrezzato di noi anche per età anagrafica a fare opposizione.
Apprezzo quel che mi sembra non banale, caro Vincenzo. A differenza di altri, non ho mai frequentato gli ambiti politici (e protettivi) del nostro ex presidente e non ho vecchi rancori da esibire. Con Dellai ho condiviso invece, pur da posizioni diverse, una stagione politica che ha fatto di questa terra un’anomalia politica che è diventata un punto di riferimento nel nord. E questo malgrado gli errori, le esitazioni e, cosa grave, il non aver coltivato lo spirito di coalizione come sarebbe stato necessario. Ora occorre riavviare un percorso politico inedito, vedremo se ce ne saranno le condizioni e la volontà. Non contro ma oltre le nostre attuali appartenenze.
Ricevo via posta elettronica questo messaggio, che ritengo pertinente alle considerazioni sviluppate nel diario.
“Assisto preoccupato, seppur da semplice iscritto, ad una progressiva egemonia Kessleriana all’interno del partito.
Temo soffi sempre più forte un vento settario, che origina da motivazioni apolitiche e personalistiche, il cui esito temo ci vedrà ridimensionati in termini di credibilità e consenso. In particolare la “machiavellica” posizione della Segreteria, apparentemente, ma solo apparentemente motivata dalla realpolitik, rispetto al roboante rientro di Grisenti, è a dir poco sconveniente ed imbarazzante e offende, nel contempo, quel saldo e antico riferimento alla priorità dell’etica cui il partito si è sempre ispirato rispetto alla “questione morale”.
Non era certo questo lo spirito con cui si è annunciata, a suo tempo, la nuova Segreteria.
Mi sa che alla fine tutti faranno carriera….tranne il PD!
Cordiali saluti e buon lavoro.
Domenico Marcolini”