
lunedì, 4 febbraio 2013
4 Febbraio 2013
giovedì, 7 febbraio 2013
7 Febbraio 2013La sala Gabardi della Cgil è piena, molti rimangono in piedi. Rade è emozionato nel vedere tante persone alla presentazione del libro "La fede nel veleno" (Curcu & Genovese), il libro che Marcella Giuri cominciò a scrivere attraverso il suo diario all’inizio della malattia e che, ora che la sua compagna non c’è più, Rade ha voluto portare a termine come un impegno di vita e di amore.
In sala ci sono tante amiche ed amici di Marcella, ma anche tante persone che in questa storia hanno ritrovato la loro stessa sofferenza, la loro stessa solitudine, lo stesso senso di abbandono. Non sono qui per attaccare la sanità trentina, ma per aiutarla a diventare migliore. Nell’approccio alla malattia ma anche nelle piccole cose che riguardano l’accompagnamento del malato lungo un percorso difficile nel quale i protocolli non bastano, dove occorre sensibilità e la capacità di mobilitare tutte le risorse dell’individuo.
Perché è questo, in fondo, il messaggio che porta alla serata il professor Enzo Soresi, oncologo milanese che da quarant’anni studia questa malattia e che proprio Marcella aveva invitato a Trento prima che tutto precipitasse. Perché – ci spiega Soresi – ogni tumore è una storia a parte e l’evoluzione della malattia dipende da una infinità di fattori che investono la persona nella sua interezza, anima e corpo, la sua storia, l’alimentazione, il lavoro, la gestione del proprio tempo libero. Il suo libro "Il cervello anarchico" (Utet, 2005), il dialogo con un filosofo come Umberto Galimberti, ha fatto scuola. La tesi è racchiusa in una frase del filosofo greco Antifonte "In tutti gli uomini è la mente che dirige il corpo verso la salute o verso la malattia, come verso tutto il resto".
Enzo Soresi propone un racconto affascinante, fatto di cognizione scientifica ma anche di storie concrete di persone che hanno affrontato questo passaggio della propria vita, ma l’aspetto che più mi colpisce è il suo approccio non manicheo. E infatti in un suo secondo libro parla di "una nuova medicina integrata", un mix di cure tradizionali, alternative, naturali, complementari. Una medicina che si propone un approccio alla salute globale, fisica e psichica del paziente, più che alla malattia e che "presta ascolto a un nuovo tipo di paziente, che decide il proprio futuro e collabora alla propria guarigione".
Nei giorni scorsi la stampa locale ha dedicato un certo spazio al libro di Rade Ljubišić e Marcella Giuri, tanto da scomodare il primario di oncologia del Santa Chiara di Trento Enzo Galligioni. Nel mostrarmi la bozza del libro, Rade aveva una grande preoccupazione, quella di non ferire il Trentino, questa terra che vent’anni fa lo accolse profugo dalla Jugoslavia e che ammira. E, insieme, la volontà di far sì che la dolorosa esperienza di Marcella potesse servire a migliorare le cose, anche quelle piccole cose che nella malattia diventano insopportabili. E credo proprio che questo proposito possa davvero diventare un nuovo capitolo in una nuova edizione del libro che stasera presentiamo.
Ognuno dei presenti avrebbe una storia da raccontare. Lo si capisce dai molti occhi arrossati e dalle parole che quasi con pudore vengono pronunciate nelle domande o nei brevi racconti. E’ tale l’impatto emotivo che si potrebbe immaginare parole dure o giudizi senza appello, ed invece no, vedo una compostezza che non ti aspetti. E che Marcella avrebbe molto apprezzato.
Grazie a questo bel pubblico e al nostro ospite per il suo prezioso lavoro di ricerca, studio e cura. Grazie a Rade, per la fatica che gli si legge negli occhi. E grazie Marcella che questo incontro hai voluto e per il regalo che ci hai fatto con la tua amicizia.