
mercoledì, 9 gennaio 2013
9 Gennaio 2013
domenica, 13 gennaio 2013
13 Gennaio 2013Le giornate sono piuttosto convulse. Non solo per gli impegni che si sovrappongono, ma anche perché, in un contesto dove la politica è spesso ridotta a mera ricerca di consenso e alla rincorsa di scadenze elettorali, il clima di queste ore non può che essere incandescente. Vorrei sottrarmi ma ci riesco solo in parte. Non voglio nemmeno passare per snob… il fatto è che
conosco fin troppo bene queste dinamiche per non guardarle con una certa distanza.
Per la verità, c’è subito qualcuno che ti richiama alla responsabilità, "in un momento così delicato – mi sento dire – c’è bisogno di una voce diversa, ecc. ecc.". Allora mettiamola così: dal 1975 in poi ho memoria di pressoché tutte le campagne elettorali, degli estenuanti incontri fra i partiti che le precedevano, delle speranze che s’infondevano come delle umane miserie che le accompagnavano. Nessuno può dirmi che è troppo comodo stare di lato a criticare.
Così, nelle ore in cui i telefoni sono caldissimi, il mio lo spengo per partecipare ad un percorso formativo rivolto ai ragazzi del servizio civile trentino. O meglio, alle ragazze, perché su una quindicina di partecipanti solo due sono i maschi. Come sempre più frequentemente accade nei luoghi dell’apprendimento permanente.
Il mio compito dovrebbe essere quello di proporre qualche suggestione ai partecipanti di un percorso che dovrebbe poi sfociare in un viaggio di conoscenza per le strade e i borghi dell’Europa di mezzo. Il titolo della riflessione che propongo è "Che cosa abbiamo imparato dalla guerra dei dieci anni?" e rappresenta una lezione di politica, ma insieme di storia, geografia, antropologia culturale. Dopo tre ore nelle quali parlo di postmodernità e di nuove guerre, di Sarajevo come metafora europea,
della banalità del male e dell’elaborazione del conflitto come condizione ineludibile per la riconciliazione, di interdipendenza e
cooperazione di comunità, ancora mi stanno ad ascoltare. Spero non si tratti solo di cortesia. Da quel che ci capisco, credo di no.
Mi rendo conto del vuoto formativo che accompagna la crescita di questi ragazzi, di come le immagini che vado loro a proporre siano totalmente estranee a quel che s’insegna nelle scuole e nelle università o di quel che i media propongono nel loro approccio quasi sempre emergenziale e in larga misura superficiale. Parlo anche di questo, dell’orzata in cui siamo immersi e nella quale tutto si confonde. Dove è difficile mettere a fuoco la natura delle contraddizioni e dei conflitti. Dove tutt’al più si è chiamati a svolgere il ruolo di comparse o di tifosi, nell’illusione di partecipare e di decidere quando i processi partecipativi e decisionali sono ben altri.
Tocco così un nervo scoperto, che mi riporta nel girone della politica alle prese con le candidature. Fioccano le lettere di protesta per le primarie disattese, per le candidature imposte da Roma, per il Trentino messo in un angolo rispetto al Sud Tirolo, per il Basso Trentino sacrificato alla realpolitik, per l’occasione mancata di valorizzare persone rappresentative della diversità di questa terra, qualcuna anche per la coalizione trentina in pericolo. Sullo sfondo i nodi irrisolti nella coalizione e nel PD del Trentino, diviso profondamente fra il rivendicare la navigazione solitaria di questi quindici anni in un nord segnato dallo spaesamento e all’opposto pensare il Trentino come la "magnadora" e il luogo dell’ingerenza del pubblico in un mercato altrimenti capace di autoregolarsi.
A sera vado all’assemblea del PD del Trentino e questi nodi irrisolti emergono come non mai, quasi che finalmente fuori dai piedi Dellai fosse arrivato il momento di prendersi la rivincita. Non ho voglia di perdere tempo né con chi pensa la politica come un viatico per fare carriera, né tanto meno con quelli che un mio caro amico definisce "i chierici traditori". Dopo i primi interventi all’insegna del "facciamo da soli" per fortuna riemerge un po’ di senno. Una cosa è certa, questo partito non può certo andare senza aver risolto questi nodi alle elezioni provinciali di novembre.
Ah, dimenticavo… in questo quadro che non mi piace c’è anche una buona notizia, la candidatura di Francesco Palermo nel collegio senatoriale della Bassa Atesina. Candidatura di alto profilo e unitaria: poteva essere una strada da percorrere in tutti i collegi.
2 Comments
Francesco Palermo è un candidato di cui tutta la regione dovrebbe essere fiera, un esperto e un paladino delle autonomie. Buon per noi tutti.
Credo che da Bolzano sia arrivata la dimostrazione di come l’azione politica possa garantire risultati efficaci. Nell’arco di qualche giorno PD e SVP sono riusciti a convergere su un candidato, il Prof. Francesco Palermo, di alto profilo, non di retroguardia, autonomista e di lingua italiana (il primo parlamentare italiano espressione di entrambi i gruppi etnici, simbolo del passaggio ad un nuovo paradigma autonomisitco, dall’etnia al territorio). Un senatore con il quale si potrebbe davvero sperare, per competenza, autorevolezza e credibilità, di porre le basi per il processo di revisione del secondo Statuto di Autonomia e per l’ideazione di nuove forme di rappresentanza territoriale in ottica europea. Credo sia la dimostrazione di come, facendo politica, i collegi uninominali siano un’opportunità per le coalizioni di governo locale per individuare profili di spessore culturale, competenziale e tecnico elevato. E credo sia anche la dimostrazione che non sempre le primarie “sempre e comunque” portino a dei risultati preferibili (continuo a credere che le primarie siano uno strumento, non un mito fondativo).
Continuo a pensare che anche nella Provincia autonoma di Trento operino figure di alto profilo, sulla scorta di Palermo: penso però che sia necessario, al fine di far emergere queste candidature di spessore e creare un consenso ampio attorno a loro, fare politica di coalizione, che non significa spartirsi i collegi o pensare di poter vincere da soli ed ovunque, ma trovare nomi forti e condivisi in grado di esprimere anche simbolicamente una cultura politica ed amministrativa territoriale.