Sud Tirolo
giovedì, 3 gennaio 2013
3 Gennaio 2013
Montecitorio
mercoledì, 9 gennaio 2013
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lunedì, 7 gennaio 2013

Con questa settimana riprendo il diario con la sua normale continuità e, lo devo ammettere, non è così facile, perché anche questa forma di colloquio pressoché quotidiana ha un suo ritmo che è necessario assecondare e coltivare.

Questa settimana non ci sono scadenze istituzionali, ma sul piano strettamente politico rappresenta un passaggio cruciale nella definizione delle alleanze e nella presentazione delle liste elettorali. Gli schieramenti, benché ormai delineati, si perfezionano tanto sul piano nazionale che su quello locale.  La partita non è affatto irrilevante, ma in cuor mio la preoccupazione più vera è quella che le elezioni per il rinnovo del Parlamento Italiano non pesino negativamente sul nostro contesto territoriale e in particolare nel compromettere la coesione (quand’anche un po’ precaria) della coalizione che da tre legislature governa la Provincia Autonoma di Trento e la regione Trentino Alto Adige – Sud Tirol.

La scelta delle liste che sostengono la candidatura a premier di Mario Monti di collocarsi in piena autonomia dal centrodestra e dal centrosinistra, segnando almeno in questa fase una sorta di equidistanza dagli schieramenti maggiori, crea qualche problema in Trentino dove l’UpT è parte organica del centrosinistra autonomista. La competizione rischia di accentuare le diffidenze e di approfondire le distanze, e per questo cerchiamo dovremmo cercare di abbassare i toni e di trovare un terreno comune nella formazione di liste unitarie nei collegi senatoriali. Ma anche qui qualche problema c’è, tanto nella logica di autosufficienza presente nel PD quanto nelle rivendicazioni dei partiti di candidati di bandiera, dimostrando una diversa gerarchia di considerazione verso l’autonomia e smarrendo l’idea che per il Senato dovrebbero prevalere criteri di rappresentatività territoriale guardando oltre le appartenenze.

E qualche problema c’è pure per la Camera dove questa pessima legge elettorale fa sì che le scelte dipendano dal posizionamento in lista e non dagli elettori. Nonostante le primarie, le candidature nazionali pesano sulla composizione delle liste, così come la dimensione regionale del nostro collegio, nell’equilibrio fra due realtà che pure esprimono un peso politico molto diverso.

Un fatto rilevante di questi giorni è anche la spaccatura che i Grünen del Sud Tirolo pongono in essere con in Verdi trentini. Non era mai accaduto che alle elezioni politiche si schierassero in due formazioni e addirittura schieramenti diversi, i Grünen con Sel e con Bersani, i Verdi con Ingroia. Un’operazione – quella dei Grünen – intelligente, che ha portato alla candidatura del giornalista Florian Kronbichler. E che apre un’interessante prospettiva sul piano di una possibile riarticolazione del tessuto politico sudtirolese, se solo il PD locale sapesse mettersi in gioco oltre la propria autoreferenzialità.

Arriva anche una mail di Fabio Pipinato con la quale annuncia la sua decisione di candidarsi nella lista di Lorenzo Dellai. Fioccano le telefonate, quasi che questa sua scelta personale, legata in qualche misura anche al suo impegno aclista, avesse a che fare con la mia collocazione di dialogo nel centrosinistra autonomista trentino. Con Fabio abbiamo costruito in questi anni un intenso lavoro comune attorno ai temi della cooperazione e della mondialità, ma anche con uno sguardo politico spesso affine. E credo che questo sguardo possa aver influito in questa scelta, che io voglio leggerla anche come la volontà di "scandalizzare", di rompere le righe laddove le elezioni tendono invece ad intruppare. Una scelta che rispetto ma che non condivido, perché rischia anch’essa di lacerare piuttosto che unire. Consapevole di questo, mi preme fargli sentire la mia vicinanza e far sì che questo passaggio non pregiudichi in nulla la nostra collaborazione ed il nostro cammino di ricerca.

In mezzo a tutto questo, lavoro per preparare due momenti importanti per il Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani. Attorno al tema annuale della cultura del limite abbiamo in particolare due cose alle quali stiamo lavorando. La prima riguarda la realizzazione in Trentino di una "winter school" sul tema delle "mafie senza confini" che verrà realizzata ai primi di marzo in collaborazione con Libera e Rai Storia. Una tre giorni dedicata alla conoscenza di un fenomeno dai tratti postmoderni e che sa interloquire come pochi altri con la globalizzazione. E insieme all’individuazione delle modalità attraverso le quali provare a tarpare le ali alle mafie anche sul piano politico amministrativo, quando la distinzione fra economia legale e criminale tende a sfumare fin quasi a scomparire.

Il secondo è rappresentato dall’evento conclusivo del percorso "Nel limite. La misura del futuro". Come con lo scorso anno per "Sinan Pascià", anche quest’anno la serata con cui vorremmo tirare le fila di oltre cinquanta momenti diversi che hanno articolato questo tema si preannuncia di grande intensità: "Paesaggi dentro". Avremmo voluto organizzarlo al Muse ancor prima che venisse aperto al pubblico, ma a quanto pare le prescrizioni relative alla sicurezza non lo permettono. Allora riproviamo con il Teatro Sociale o con altre soluzioni. Staremo a vedere, ma la sceneggiatura che sta prendendo corpo è ancora più intrigante di quella che vedeva come protagonista il navigante genovese di "Creuza de mä".

9 Comments

  1. stefano fait ha detto:

    Chi ha fatto la scelta giusta: i Grünen o i Verdi?
    Venendo alla concretezza dei fatti e dei dati, il PD, per bocca di Bersani (e nella Carta d’Intenti), si è impegnato a realizzare quanto segue:
    “Al fine di farlo [il debito pubblico] scendere al 60 per cento del Pil come prescrive il Trattato, si dovrebbe quindi ridurre il debito di 50 miliardi l’anno per un ventennio.
    La cifra è di per sé paurosa, tale da immiserire tre quarti della popolazione. Ma il problema non è solo questo. È che l’interesse sul debito, al tasso medio del 4 per cento, comporta una spesa di 80 miliardi l’anno, la quale si somma ogni anno al debito pregresso. Ne segue che quest’ultimo non smette di crescere. Ora, se riduco il debito di 50 miliardi, avrò sì risparmiato 2 miliardi di interessi; però sui restanti 1950 miliardi dovrò pur sempre pagarne 78. Risultato: il debito è salito a 2028 miliardi (2000-50+78).
    L’anno dopo taglio il debito di altri 50 miliardi e gli interessi di 2. Però devo pagarne 76, per cui il debito risulterà salito a 2054. Chi vuole può continuare. Magari inserendo nel calcoletto un dettaglio: l’art. 4 del Trattato prescinde del fatto che il debito di un paese potrebbe col tempo aumentare di molto, per cui l’entità del ventesimo di rientro andrebbe alle stelle. L’Italia, per dire, potrebbe ritrovarsi a fine 2015 con un Pil di poco superiore all’attuale, ma con un debito che a causa dell’accumulo degli interessi ha raggiunto i 2200 miliardi. Così i miliardi annui da tagliare passerebbero da 50 a 60…
    […]
    Naturalmente il problema non riguarda soltanto l’eventuale ritorno al governo di Monti con la sua agenda. Riguarda più ancora i partiti come Pd e Sel, che le elezioni potrebbero pure vincerle, ma che hanno dichiarato di voler rispettare nell’insieme l’agenda in parola”.
    Luciano Gallino, “Il baratro fiscale dell’Agenda Monti”, MicroMega.

    Personalmente non riesco ad immaginare un Vendola nel governo. PD e centristi faranno una grande coalizione per riformare la costituzione e Sel sarà mandata all’opposizione. Come Pipinato possa aver accettato di farsi coinvolgere in un’operazione così…mmmh come definirla? Criminale? Insensata? Suicida (per la classe dirigente che sarà chiamata a rispondere delle conseguenze)? è un aspetto della questione che rinuncio a cercar di capire. Avrà le sue ragioni.

  2. Michele Nardelli ha detto:

    Invece credo che tu, Stefano, persona colta e intelligente, devi cercare di capire. Una per tutte, la scelta di stare nei processi, abitare i conflitti come io spesso amo dire, prenderli su di sé come l’assunzione di uno sgardo strabico che ti aiuti a vedere le cose con una diversa profondità. Non necessariamente per condividerle, ma per non smettere di cercare. E questo vale tanto per le scelte politiche collettive, come per quelle personali, perché ti posso assicurare che almeno nel caso di Fabio questa scelta è costosa. Mi piacerebbe che capissi come il farsi carico (anche sbagliando, talvolta) non corrisponde al tradimento (categoria che vorrei espungere dal dibattito politico perché foriera delle pagine peggiori della storia della sinistra), ma all’assunzione di responsabilità. Vendola al Governo lo è già nella sua regione con il ruolo niente affatto marginale di presidente. Governare una regione come la Puglia non è facile… compromessi? certo. Poi si tirano i bilanci, con la mente sgombra da pregiudizi, sapendo che l’esito non è mai in bianco e nero.

  3. stefano fait ha detto:

    Mi chiedo se ti stai rivolgendo a me o stai cercando di convincere te stesso ;op
    Per quanto mi rigaurda, credo che sia necessario saper distinguere tra i compromessi per il bene comune, nati dal sincero desiderio di venire incontro alle esigenze delle varie parti che costituiscono una comunità e il tradimento di sé e della comunità stessa.
    Esiste una soglia che non va varcata, se si ha a cuore l’integrità della propria coscienza e delle persone che si affidano a noi.
    Altrimenti, con la logica che esponi, si potrebbe giustificare davvero molto, davvero troppo.

    Questo vale per i servizi resi alle banche ed alle oligarchie finanziarie prima che a milioni di cittadini,ma anche per la guerra di droni.
    Per fare un esempio: esiste una differenza morale di qualche rilievo tra giustiziare i “nemici pubblici” gettandoli in mare da un elicottero o un aereo (Pinochet) e farli saltare in aria a terra con un robot volante (Obama)?
    Dove finisce l’assunzione di responsabilità e comincia il tradimento dei nostri migliori angeli?

  4. Michele ha detto:

    Non voglio giustificare nulla. Delle scelte collettive (di un partito o di un qualsiasi altro corpo sociale) si risponde per il grado di responsabilità che ci si è assunti rispetto a tali scelte. Di quelle individuali (sempre che parliamo di colpa politica o morale, nell’accezione che ne fa Karl Jaspers) alla propria coscienza.
    Vedi Stefano, per anni mi sono chiesto (ma potrei usare anche il plurale) se esistesse una soglia e, se sì, quale fosse… Poi ho iniziato a capire che la soglia non c’è, cambia a seconda dei contesti e, semmai, riguarda la coscienza di ognuno di noi. Una ricerca continua, appunto… Il resto sono le inquisizioni, i tribunali del popolo, l’etica che si fa stato… e siamo fritti.

  5. stefano fait ha detto:

    La soglia c’è, è bella grossa ed è indipendente dalle proprie sensibilità ed umori contingenti: si chiama Costituzione, si chiama Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, si chiama beni comuni, si chiama tutela della dignità delle persone (e degli animali), si chiama sostenibilità, si chiama lotta contro le ingiustizie, si chiama regoal d’oro ed è universale.
    La ricerca morale umana sta proseguendo da millenni e ha già dato molti frutti: non lasciamoli marcire perché ci martellano in testa slogan egotisti all’insegna dell’autosufficienza/autarchia dell’individuo; non ignoriamo la saggezza collettiva che è il precipitato di milioni, miliardi di esperienze umane che ci hanno preceduto.
    Bisogna stare attenti a non incartarsi nelle astrazioni relativiste: non sono sintomo di maturità, sono sintomo di confusione.
    Non si può cancellare con un tratto di penna tutto quel che c’è tra l’intransigenza e il relativismo, altrimenti si finisce per aderire al mantra del “non ci sono alternative”, che come tu hai dolorosamente appreso nella tua esperienza politica e non solo, è la tua (e la nostra) nemesi: l’anticamera dell’autoritarismo in ogni sua possibile declinazione.
    Mi riferisco alla contrapposizione tesi vs. antitesi non in uno stato di equilibrio virtuoso (conflitto fecondo) ma in un gioco a somma zero, dove una delle due dev’essere estromessa – es. Monti e Merkel con i loro diktat contro chiunque osi ancora dire “cose di sinistra”.

    Ognuno, come dici, si assumerà le sue responsabilità (e raccoglierà ciò che ha seminato)

  6. stefano fait ha detto:

    P.S. Toglimi una curiosità: come fai a difendere dai tuoi critici l’idea di limite se ritieni che la soglia sia situazionale/contestuale?
    E’ come lasciar sguarnita la porta e far loro un assist perfetto.

  7. Michele ha detto:

    “La soglia c’è e si chiama dichiarazione universale dei diritti dell’uomo…”: ti sei reso conto che in tutti questi anni è stata “carta straccia”, che i diritti affermati valevano per qualcuno e non per tutti, che il nostro sviluppo si basava sull’esclusione dei tre/quinti dell’umanità, ch infine qualcuno ha pure teorizzato che il proprio stile di vita non poteva essere negoziato?
    Relativismo? Soglia situazionale? No. “Semplicemente” la necessità di un cambio di paradigma che faccia uscire il pensiero (e anche le carte dei valori) dalle secche dell’ipocrisia come dall’usura del tempo.
    Abitare il conflitto o esibire diritti?

  8. stefano fait ha detto:

    Il fatto che i dirittidoveri non siano stati rispettati non significa che la popolazione non li abbia assimilati.
    Credi davvero che, al giorno d’oggi, sarebbe possibile un’altra Auschwitz?
    Se ci sono le ingerenze umanitarie e le tecniche avanzate di interrogatorio è proprio perché certe cose sono diventate intollerabili e i potenti devono dissimularle.
    Lo stesso vale per le politiche di austerità: si smantella lo stato sociale in nome dell’utile sociale, del futuro delle nuove generazioni, dell’europeismo (povero europeismo, trattato come una bagascia).
    Negli anni Trenta non serviva tutta questa ipocrisia e manipolazione semantica. Si facevano certe cose e basta.

    Ora servono inchieste brillanti per strappare il velo mimetico.
    Augusto Grandi (giornalista “decorato” del Sole 24 Ore), Daniele Lazzeri e Andrea Marcigliano hanno pubblicato “Il Grigiocrate, Mario Monti nell’era dei mediocri” (ed fuori onda 2012), che anche Pipinato potrebbe trovare illuminante.
    Non è più possibile far finta che certe cose non accadano, non se ci si fa carico del futuro di migliaia di persone (e della propria famiglia).

  9. Michele ha detto:

    “Il fatto che i dirittidoveri non siano stati rispettati non significa che la popolazione non li abbia assimilati”. Cosa vuoi dire? Che il paese reale è più avanti di quello legale? Io credo semplicemente che siano uno la faccia dell’altro e che se lasciassimo fare gli umori avremmo i rom al rogo, più guerre, il ripristino dei manicomi…
    Purtroppo in questi anni la nostra società è cambiata e non sempre in meglio.
    “Credi davvero che, al giorno d’oggi, sarebbe possibile un’altra Auschwitz?” Una guerra durata 3 anni e mezzo nel cuore dell’Europa non ti basta? Il ritorno dei campi e il genocidio di Srebrenica o dei Grandi Laghi che cosa sono? Sì che lo credo, perché sono convinto che né l’Olocausto, né il Gulag, né il colonialismo italiano siano stati elaborati. E senza elaborazione la storia si ripete tragicamente.
    “Ora servono inchieste brillanti per strappare il velo mimetico”… La gente sa quel che vuol sapere, come i tedeschi sapevano di Auschwitz, i russi dei Gulag, gli statunitensi dello sterminio dei nativi (tanto che vanno ancora in giro armati), gli italiani dei gas tossici usati in Africa… ed erano d’accordo perché gli altri erano incivili, non umani, delinquenti…
    La strada è l’elaborazione dei conflitti. Certo difficile e dolorosa ma ineludibile.