
martedì, 24 maggio 2011
24 Maggio 2011
sabato, 28 maggio 2011
28 Maggio 2011Prosegue da due giorni in Consiglio provinciale l’ostruzionismo della Lega e di qualche esponente del Pdl sulla legge di riforma della Protezione civile. E’davvero difficile capire quale possa essere il senso di tale opposizione, se non in relazione al fatto che la Protezione civile rappresenta una delle reti che fanno diverso il Trentino. E’ di questo tratto di diversità, di questa non omologazione al quadro del nord est italiano, che ho intenzione di parlare nel mio intervento di cui preparo la scaletta. Che svilupperò ormai a giugno, visto che le seduta di giovedì si esaurisce con l’intervento del Presidente Dellai. Il quale difende la riforma come uno dei tasselli qualificanti dell’intera legislatura, smontando uno per uno gli argomenti presentati dall’opposizione. E rivendicando il senso profondo dell’autonomia che il centralismo padano vorrebbe scardinare.
Ci provano con 2.800 emendamenti e con l’intenzione di paralizzare l’attività legislativa per il mese di giugno. E questo nonostante l’apertura a prendere in considerazione proposte di modifica, purché non si tocchi la filosofia di fondo della riforma. Una riforma che ha coinvolto nella sua elaborazione ben più di quattro mani: decine di realtà ascoltate, modifiche apportate in seguito al confronto, disegni di legge assorbiti… Ma niente da fare, almeno per il momento. Ho l’impressione che si siano incartati nel loro stesso gioco e non ne sappiano più uscire.
Nell’intervallo ci incontriamo con Umberto Santino, da sempre anima del Centro siciliano di Documentazione "Giuseppe Impastato": un percorso contro la mafia e per la pace che va avanti da 34 anni fra memoria, ricerca e impegno civile. E’ a Trento per un seminario alla facoltà di Sociologia ed è l’ccasione anche per incontrare le istituzioni: a Palazzo Trentini, sede del Consiglio provinciale, Santino viene ricevuto dal presidente Dorigatti e dal sottoscritto come presidente del Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani. Nonostante conosca il loro lavoro da una vita, non abbiamo mai avuto modo di incontrarci: ne esce una conversazione gradevole sul ruolo delle mafie nella post modernità. Ne avevamo parlato anche il giorno prima, al Parco Santa Chiara di Trento, dove arrivava la carovana antimafia promossa da Libera, per descrivere come non solo la mafia con conosca confini ma anche come il capitale criminale cerchi in situazioni come quella trentina le modalità di riciclaggio nelle operazioni immobiliari nelle aree più prestigiose.
Nel frattempo arriva la notizia dell’arresto di Ratko Mladic, il boia di Srebrenica e di tante altre mattanze della tragedia jugoslava degli anni ‘90. La prima domanda che faccio a chi mi chiama al telefono è sapere chi l’ha arrestato e dove. La volpe, il potente generale circondato dai fedelissimi, l’inarrestabile… era in un paesino della Vojvodina, da solo, ammalato. A questo punto consegnabile senza colpo ferire dal governo serbo per sbloccare le trattative sull’ingresso di quel paese nell’Unione Europea. Penso fra me come la caduta degli dei segua un rituale sempre uguale. La giustizia internazionale farà il suo corso, il dolore ed il rancore rimangono senza aver trovato alcun contesto di elaborazione. E per questo gravido di nuovi conflitti.
Nel tardo pomeriggio se ne parla a Rovereto, nel seminario dedicato alla figura e al pensiero di Ibrahim Rugova. La cornice è il percorso "Cittadinanza Euromediterranea" del Forum, non casualmente nell’itinerario "pensieri privi di cittadinanza". Devo scappare dal Consiglio ancora in corso, contemporaneamente ci sarebbero l’anteprima del Festival dell’Economia con un ospite d’eccezione come Amartya Sen e il convegno sulla tradizione andina dell’acqua. Anche in questo, il Trentino si conferma un laboratorio interessante. Nel caldo afoso della sala della Fondazione Cassa di Risparmio nel centro lagarino ci sono quaranta persone, molte altre stanno seguiranno il seminario via internet collegati in diretta con il sito di Osservatorio Balcani Caucaso. Ma la contingenza della cattura di Mladic non impedisce di far emergere la statura intellettuale di Rugova, leader europeo e nonviolento di un paese che lo ha praticamente rimosso.
Gli interventi di Fabrizio Rasera e Mauro Cereghini tracciano attraverso ricordi personali le coordinate di contesto di uno dei leader più eccentrici della dissoluzione jugoslava, lasciando ad Anna Di Lellio il compito di delinearne la figura. E riesce a farlo splendidamente, con la semplicità del racconto e della conoscenza da dentro di una vicenda umana prima ancora che politica di tutto rilievo come quella di Ibrahim Rugova. Anna Di Lellio è docente all’università di New York, ma non ha mai smesso di fare la spola con Pristina coinvolgendo anche i suoi studenti e si capisce come questo pezzo d’Europa le sia entrato nel sangue. Ne parla con grande leggerezza e profondità, davvero brava.
L’immagine di quella stretta di mano con Milosevic, di un leader considerato ormai sconfitto, rieccheggia negli interventi. E forse più di altre descrive "la pazienza e la sofferenza" di chi cerca ogni strada purché non sia il ricorso alla violenza. Era un gesto di grande forza, invece, ma venne considerato come un tradimento. "Non era lui" si disse, come per le amare lettere di Aldo Moro dalla prigionia. Vinsero gli altri ed ora, nei libri di storia della didattica scolastica, al presidente Rugova si dedicano solo poche righe.
Una bella serata, per davvero.