terra malata
mercoledì, 4 maggio 2011
4 Maggio 2011
L’unica che abbiamo
mercoledì, 11 maggio 2011
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lunedì, 9 maggio 2011

Fra gli impegni di oggi l’incontro forse più impegnativo è quello che ho nel pomeriggio allo Studio d’arte Andromeda con un gruppo di ragazzi che frequentano un percorso formativo sulla grafica umoristica. Toti Buratti, da sempre anima dell’Andromeda, mi chiede di parlare ai ragazzi dei temi della pace a partire dalla poesia di John Donne che apriva il romanzo di Ernest Hemingway "Per chi suona la campana":

"Nessun uomo è un’isola,
completo in se stesso;
ogni uomo è un pezzo del continente,
una parte del tutto.
Se anche solo una zolla
venisse lavata via dal mare,
l’Europa ne sarebbe diminuita,
come se le mancasse un promontorio,
come se venisse a mancare
una dimora di amici tuoi,
o la tua stessa casa.
La morte di qualsiasi uomo mi sminuisce,
perché io sono parte dell’umanità.
E dunque non chiedere mai
per chi suona la campana:
suona per te".

Lo spunto potrebbe partire dalle cose più diverse, l’uccisione di Osama bin Laden come le molte "vittime per caso" dei bombardamenti "intelligenti" ai quali partecipa con fervore democratico anche il nostro paese. Ma non vorrei assecondare una visione manichea, come se il mondo fosse diviso in buoni e cattivi. Voglio invece parlare loro di "banalità del male" e di "felicità della guerra". Temi complessi, che richiederebbero un lavoro di approfondimento che oggi forse non è possibile. Così decido di affidare ad un piccolo racconto questi concetti. Racconto che recita pressappoco così…

"E’ la storia di un giovane poco più che ventenne, nato in un paese bello e ricco di biodiversità, grande come l’Italia ma con la metà degli abitanti, dove la gente vive abbastanza bene, non ci sono grandi ricchezze ma nemmeno situazioni acute di povertà. Il diritto allo studio è garantito, c’è una forte attenzione verso la cultura, in ogni famiglia si insegna la musica, i giovani parlano più di una lingua. C’è anche un forte orgoglio verso il proprio paese, forgiato in una dura guerra di resistenza al nazifascismo che forse non ha avuto pari in Europa. E dalla quale prende spunto l’organizzazione della difesa popolare e territoriale per cui è il popolo ad essere in armi. Vengono pure dal Vietnam per studiarne l’efficacia. Sul piano politico, la strada imboccata dal tuo paese rappresenta un’esperienza originale guardata con interesse da ogni parte. Tanto da collocarsi alla testa di un sistema che vede l’adesione di oltre 125 stati, il movimento dei "non allineati". Il tuo paese comprende gruppi nazionali diversi, ma la lingua è comune a quasi tutte queste nazionalità e nei discorsi ufficiali si sente parlare di unità e di fratellanza. I luoghi di culto non sono granché frequentati, la cultura religiosa riguarda piuttosto l’identità famigliare che non quella nazionale. Ad ogni buon conto, tutti fanno le feste, religiose o laiche che siano, di tutti. Ad un certo punto tutto questo comincia a scricchiolare. Qualcuno comincia a dire che è stufo del fatto che quelli del sud vivano alle spalle del nord. Riprendono vigore vecchie storie, racconti che tu fatichi a credere ma i tuoi nonni contano più della storiografia di stato ed entrano nel tuo immaginario. Così, poco a poco, quelli che fino a ieri erano i tuoi vicini, diventano "gli altri". Inizia la disintegrazione, spinte che vengono da dentro e da fuori si avvertono sempre più forti. Ci sono anche delle apparizioni, come regolarmente avviene nei momenti di crisi. Poi cade il muro, e finisce una storia. Inizia una guerra e nemmeno te ne sei accorto, tanto ritieni remoto che ciò possa accedere. Qualcuno ne parla, descrive episodi terribili… ma tu dici: no, qui non è possibile. E ti trovi nel gorgo. Chi è più accorto fa le valigie. I più pensano che passerà in fretta…  In questo paese, orgoglioso della propria difesa popolare che l’ha salvato dall’ingerenza staliniana, non c’è di certo il diritto all’obiezione di coscienza e così ti ritrovi militare. Il problema è che sparano sul serio. Muore un tuo amico, poi un altro… chiami a casa e ti raccontano che "gli altri" hanno sgozzato questo o quello. Gli apprendisti stregoni della propaganda nazionalista sono entrati in azione, sanno toccare le corde di lontani conflitti mai elaborati, e la spirale ti tira giù. Un giorno ti inviano in un piccolo paesino, di cui non sai nemmeno l’esistenza. In una vecchia fattoria statale hanno ammassato della gente, uomini dai 14 ai 70 anni, e ti ordinano di sparare su quelle persone. Tu provi a dire al tuo superiore se si rende conto di quel che ti chiedono di fare e in tutta risposta ti senti rispondere che se non sei d’accordo ti puoi mettere dall’altra parte, che faranno fuori anche te. La paura prende il sopravvento, chiudi gli occhi e spari. In un mattino d’estate più di mille persone cadono sotto il fuoco di cinque soldati, che alla fine della mattinata si sentiranno "stanchi di uccidere". E così, senza nemmeno rendertene conto, sei diventato un mostro, un criminale. Ti viene il vomito, non dormi più, hai bisogno di qualcosa che ti faccia reggere in piedi: in questi casi l’alcool e la droga pesante non mancano mai. La Patria ti assolve, il perverso nemico ti motiva, la propaganda ti porta a considerare quelli che prima erano tuoi fratelli come infedeli. Sei un duro, in realtà alla propaganda del regime non hai mai creduto, molto di più nel denaro e nel machismo. Con il kalashnikov in mano e l’adrenalina al massimo ti senti onnipotente. E’ il delirio del "cerchio magico", all’interno del quale scompare ogni forma di inibizione e nel quale ogni comportamento, pure lo stupro, è legittimo. Il branco diviene la tua intima comunità".

Provo a descrivere così, con il racconto di uno dei tanti giovani che si sono trovati nel gorgo di una guerra alle porte di casa, la banalità del male e la felicità della guerra. Non so se riesco a farmi comprendere da questi ragazzi. Mi guardano quasi con stupore, come se avessi toccato corde mai toccate. Forse perché non pensavano che la guerra potesse riguardarli così da vicino, perché non stiamo parlando di massimi sistemi o di colpe altrui. Non so come potranno trasformare queste immagini in disegno. Solitamente sono esuberanti, oggi – mi dice Toti – li vedo pensosi.

Il resto della giornata se ne va fra incontri, riunioni, commissioni. Da ultimo l’assemblea del Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani. Gli argomenti sono molti, ne parlerò domani.

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