Antico ulivo ad Aboud
domenica,1 maggio 2011
1 Maggio 2011
Andrea Pazienza
martedì, 3 maggio 2011
3 Maggio 2011
Antico ulivo ad Aboud
domenica,1 maggio 2011
1 Maggio 2011
Andrea Pazienza
martedì, 3 maggio 2011
3 Maggio 2011

lunedì, 2 maggio 2011

L’ultimo giorno della nostra visita in Palestina lo dedichiamo ad un momento di sintesi di quel che abbiamo discusso e deciso nei giorni precedenti. Sono le 7 del mattino quando arriva la notizia dell’uccisione di Osama bin Laden. Nella hall dell’hotel di Ramallah che ospita la nostra delegazione, com’è ovvio c’è molta attenzione, ma l’impressione che ricavo dai commenti e dagli sguardi che intercetto è che questo personaggio non alberga  di certo nei cuori dei palestinesi.

Al Ministero dell’Agricoltura abbiamo programmato di primo mattino un tavolo di lavoro con i rappresentanti del mondo della cooperazione, con l’associazione delle donne che organizzano il microcredito, con gli imprenditori che si occupano della trasformazione dei prodotti agricoli. Insieme a noi, a coordinare l’incontro, il Ministro Daiq in persona, segno che a quel che stiamo facendo ci crede, eccome.

Il confronto avvenuto nei giorni scorsi, l’interesse dimostrato dal Primo ministro dell’ANP, le proposte emerse, fanno sì che la road map verso un protocollo sullo sviluppo rurale fra il Trentino e la Palestina sia ormai sul binario giusto. Così dopo un’intera mattinata di lavoro ci lasciamo con una attesa forte e reciproca. Si è creata fra noi un’intesa umana oltre che politica, che il Ministro Daiq coglie perfettamente ed esplicita nel suo intervento finale. Così, nel congedarci, c’è qualcosa di più di un caloroso arrivederci. E una dichiarazione importante: Ali Rashid sarà il referente del Ministero per i rapporti con la cooperazione e la FAO a Roma.

Ritorniamo verso Gerusalemme con un’ora di ritardo sulla nostra tabella di marcia, ma ciò nonostante riusciamo a tener fede anche all’ultimo appuntamento di questo tour de force, quello con il nuovo responsabile della cooperazione italiana in Palestina. Silvano Tabbò si è insediato da solo pochi giorni qui a Gerusalemme, proveniente da Sarajevo dove peraltro è stato per un breve periodo. Gli raccontiamo quel che abbiamo fatto, quali sono gli accordi presi e ci dice che cercheranno di accompagnare il nostro lavoro anche sintonizzando i finanziamenti della cooperazione italiana dedicati allo sviluppo rurale sulle iniziative della comunità trentina. Staremo a vedere quel che accade. Tareq, che in tutti questi giorni ci ha accompagnati e che ha curato insieme ad Ali l’organizzazione degli incontri, lavora a stretto contatto con il responsabile dell’UTL  e quindi contiamo sulla collaborazione che ne può venire.

A questo punto la nostra missione è conclusa e prendiamo strade diverse. Noi verso l’aeroporto di Tel Aviv, Ali verso la Giordania. Tareq invece rimane qui, anch’egli fiducioso che quel che abbiamo messo in cantiere produrrà risultati positivi. Arriviamo all’areoporto "Ben Gurion" ed inizia un labirinto che fa perdere la pazienza anche alle persone più miti. Perché nonostante siamo arrivati con tre ore di anticipo sull’orario di partenza, rischiamo di perdere il volo di ritorno. Alla sicurezza dell’aeroporto lavorano migliaia di giovani, una diseconomia spaventosa. Una giovane ragazza addetta ai controlli preliminari ci chiede dove siamo stati, dove abbiamo alloggiato, quel che abbiamo fatto… Non abbiamo ovviamente nulla da nascondere, ma rimaniamo riservati sulla natura della nostra visita per evitare lungaggini, ma quando le diciamo che abbiamo soggiornato sempre a Ramallah ci rivolge uno sguardo torvo e una domanda insistente: perché Ramallah?

Proprio non riesce a capire come si possa venire nel suo paese per andare nella città che – grazie al sequestro di Gerusalemme – è diventata la capitale dei loro nemici. L’ossessione della sicurezza appassisce la giovinezza di questi ragazzi. Esterno ai miei compagni di viaggio la preoccupazione per un popolo che vive introiettando la paura e il filo spinato.

Dopo aver sottoposto i nostri bagagli a mille controlli, dopo file estenuanti, vecchiette che si spintonano per avanzare nella fila, arriviamo di corsa ad imbarco già iniziato. Poi però l’aereo non parte se non con un’ora di ritardo. Non più di tanto, si potrebbe dire, ma sufficiente a non farci arrivare in tempo a Roma per la coincidenza  su Verona. In realtà il nostro aereo non sarebbe ancora decollato, ma l’Alitalia preferisce farci perdere una giornata, creare disagio e poi il taxi,  l’albergo, nemmeno un ricambio ed uno spazzolino visto che i bagagli sono già stati dirottati nelle viscere di questo mostro che di giorno si riempie di gente indaffarata ma che a quest’ora della sera, come d’improvviso, si svuota. Questo non è un servizio, non c’è buon senso e nonostante le proteste mie e di tante altre persone nella medesima situazione, ci fanno andare a dormire in un "non luogo" di Ostia che certo non rimarrà nei miei ricordi.

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