
giovedì, 28 aprile 2011
28 Aprile 2011
domenica,1 maggio 2011
1 Maggio 2011E’ un momento cruciale per il futuro della regione e anche per il conflitto israelo-palestinese. Apparentemente tutto continua a scorrere nei binari dell’ordinaria follia, a Gerusalemme, a Ramallah, a Jerico. Nel muro e nel filo spinato che circonda ogni cosa e ormai entrato a far parte della normalità. Nei bambini soldato dei posti di blocco israeliani e nelle torrette che segnano militarizzazione del territorio. Nell’allucinante arroganza delle colonie che proliferano nelle zone "C" dei territori che gli accordi assegnavano all’ANP e nell’incubo di chi le andrà ad abitare. Nel lusso dell’economia di guerra e nel degrado ambientale. Nell’uso dell’acqua che da fonte di vita diviene strumento di guerra.
Ma quel che si è messo in movimento nel mondo arabo manifesta tutta la sua forza di cambiamento. Il nemico principale dell’attuale leadership israeliana si chiama Barack Obama. A lui, al suo discorso del Cairo di due anni e mezzo fa, viene infatti fatta risalire la scintilla che ha incendiato la prateria. Vero o falso che sia, il moto di rinascita araba si sta propagando e appare inarrestabile.
Ne abbiamo la sensazione negli incontri che svolgiamo a Ramallah, la capitale amministrativa dell’Autorità Nazionale Palestinese. Nella bella informalità dell’incontro con il ministro dell’agricoltura Ismail Daiq, con i suoi collaboratori e con i rappresentanti del mondo agricolo e cooperativo palestinese. Nel più formale ma intenso incontro con il primo ministro dell’ANP Salam Fayyad. Il primo ministro riceve la delegazione trentina con qualche minuto di ritardo perché impegnato con un folto gruppo di intellettuali israeliani e di deputati del Congresso degli Stati Uniti che lo interrogano sul significato dell’accordo fra Fatah e Hamas siglato proprio giovedì scorso. E anche nella nostra conversazione i convenevoli lasciano subito il posto al passaggio delicatissimo che si sta attraversando.
Su Ramallah piove a dirotto, così intensamente per la prima volta quest’anno. Un paesaggio insolito e per la terra è una manna. Questa cosa mette allegria in tutti i nostri interlocutori del mondo rurale, quasi fosse un segno di buon auspicio per le nostre relazioni. L’incontro al ministero non concede spazio all’approfondimento ma risulta molto efficace, trovandoci immediatamente in piena sintonia tanto sull’approccio culturale (l’agricoltura come fonte economica primaria in armonia con l’identità dei territori), quanto sui campi della collaborazione (l’autosufficienza nel bilancio agroalimentare palestinese, la valorizzazione degli ambiti sui quali sviluppare la nostra collaborazione come la coltura della vite, del melograno, dell’olio, della palma…). Ed ancor più sul terreno del credito: l’esperienza trentina delle casse rurali viene guardata con grande interesse. E diventa il focus principale anche nella conversazione con il primo ministro Fayyad, che si mostra immediatamente interessato al concetto di banca del territorio, lui che viene dall’esperienza della Banca Mondiale.
E’ la prima delegazione italiana che il primo ministro palestinese incontra dopo l’assassinio di Vittorio Arrigoni e rivolge nostro tramite il cordoglio della sua gente al popolo italiano e il ringraziamento per la vicinanza che quest’ultimo ha sempre dimostrato verso le istanze di pace e di solidarietà per questa terra.
Le persone che compongono la nostra delegazione sono piacevolmente sorprese dall’accoglienza che ci viene riservata e dal livello della nostra interlocuzione. Ed in effetti, l’autonomia trentina e il suo presidente vengono accolti come un territorio alla pari, pur senza i rituali della diplomazia di stato. Mario Zambarda mi fa notare che i territori dell’autorità nazionale palestinese corrispondono come estensione a quelli del Trentino, con un piccolo particolare però e cioè che vi vive una popolazione dieci volte la nostra.
Il giorno precedente avevamo visitato Betlemme e la cantina di Cremisan, ricavandone un’ottima impressione per i passi da gigante che sono stati compiuti nella qualità dei loro prodotti anche grazie alla collaborazione trentina. Oggi la delegazione si sposta verso la valle del Giordano e il ministro Daiq ci accompagna lungo i luoghi più significativi dell’agricoltura locale e anche della "guerra dell’acqua". Proprio a settembre arriverà in Palestina la carovana internazionale per il diritto all’acqua e avremo modo di parlarne. Qui la terra appare fertile, c’è la possibilità di fare tre raccolti in un anno e così avveniva fin quando qualcuno non ha deciso che le acque del fiume Giordano erano di proprietà israeliana: è triste vedere intere piantagioni rinsecchite dalla mancanza d’acqua. Che pure c’è, e allora tutto questo si chiama sopruso.
Risaliamo verso Gerusalemme, una breve visita alla città, la visita al Santo Sepolcro e l’incontro con il suo custode del quale a sera saremo ospiti. Ma qui la delegazione si divide, perché una parte di noi domattina prima dell’alba deve rientrare. Alla porta di Jaffa ci salutiamo, tutti visibilmente soddisfatti per l’intensità e l’autorevolezza degli incontri e delle cose viste.
A chi rimane, ancora due giorni intensi di incontri e visite delle quali vi daremo cronaca.