Sardegna
giovedì, 14 aprile 2011
14 Aprile 2011
migranti
lunedì, 18 aprile 2011
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sabato, 16 aprile 2011

Riesco solo ora a fermarmi un attimo per il diario di bordo. Molti gli spunti e le cose in agenda. Nel parlarne salterò fra un giorno e l’altro.

Di mattino presto arriva la tragica notizia dell’assassinio di Vittorio Arrigoni, giovane volontario italiano nell’inferno di Gaza. Tre anni in una striscia di terra affollata di persone, nei primi mesi del 2009 sotto l’assedio dell’esercito israeliano e per tutto il resto del tempo nella "normalità" di un embargo che fanno di Gaza City il campo di detenzione più grande del mondo. Le immagini delle sue ultime ore di vita sono così violente da chiedersi che cosa ci sia nella testa di questi assassini, privi di qualsiasi traccia di umanità. Qualcuno ipotizza che sia opera dei servizi israeliani, ma la cosa non mi convince e le cronache delle ore successive sembrano darmi ragione: morire per mano palestinese avendo dedicato la propria vita al fianco dei palestinesi rappresenta una tragedia nella tragedia.

Non sono mai stato a Gaza, l’ho potuta vedere solo da lontano, da un’altura nei pressi di Sderot. E vi assicuro che anche così c’era da chiedersi come si può arrivare a tanto: un milione e mezzo di persone concentrate in un fazzoletto di terra, un campo profughi segnato dalla guerra, dall’embargo e dall’inquinamento, circondato dal filo spinato e dai campi minati. Non è difficile comprendere come nell’immaginario di un giovane cresciuto in questo contesto ci possa essere solo rancore e violenza.

Eppure. E’ nato lì nelle scorse settimane il manifesto dei giovani che hanno avuto il coraggio di dire basta. Basta con l’occupazione, ma anche con Hamas, con l’Autorità nazionale Palestinese, con una comunità internazionale che fa parti uguali fra disuguali, con i riti di un conflitto che toglie loro il diritto alla vita…

Decidiamo di dedicare a Vittorio l’incontro "Intrecci di pace" che nel pomeriggio di sabato abbiamo organizzato come Forum insieme alla comunità sarda nel vecchio convento degli Agostiniani a Trento, che oggi ospita il Centro di formazione alla solidarietà internazionale e l’unica sede italiana di Osce. La sala della biblioteca del Centro è piena di gente, pochissimi i volti del pacifismo, molte le persone attratte da un modo diverso di parlare di pace. In questo caso a partire dalle palme, uno dei dettagli della storia che accomuna la gente del Mediterraneo.

Dovrei andare a breve in Egitto e poi, a fine mese, sarò in Palestina: sono davvero curioso di capire come la primavera araba attraversi anche quella terra perché ce n’è davvero bisogno, lì e anche qui.

Leggo di una proposta avanzata da Veltroni e Pisanu per un "governo di decantazione". Ne colgo il motivo: c’è un pazzo a Palazzo Chigi che intende stravolgere gli elementi basilari su cui si fonda la democrazia italiana, ma insieme c’è un paese profondamente spaccato che ha smarrito un comune senso dello stare insieme. Una divisione profonda, dove il rancore può diventare odio.

Lo vediamo, nonostante l’autonomia, anche in Trentino. Nella società come nelle istituzioni, dove la politica anziché cercare soluzioni esaspera le contraddizioni. E gli animi. Ne parlo che da poco sono passate le 8 del mattino con il sindaco di Trento Alessandro Andreatta: mi racconta del clima difficile in Consiglio Comunale anche su temi tutto sommato marginali.

Ci vediamo con lui e con l’assessore Michelangelo Marchesi per la questione dello scorporo del ramo acqua (e rifiuti) da Dolomiti Energia. Un tema importante che sto seguendo con attenzione e che se andrà in porto rappresenterà un segnale di inversione di rotta di grande rilievo politico, specie se lo consideriamo nel contesto dell’iniziativa referendaria in corso contro la privatizzazione dell’acqua. Ricordo che sia per quanto riguarda la possibilità di proseguire con la gestione "in house" da parte dei Comuni trentini, come per lo scorporo dell’acqua da DE, in questa direzione andavano gli ordini del giorno e gli emendamenti in finanziaria assunti nell’ultimo anno e mezzo grazie al mio lavoro.

Dall’acqua al vino. C’è un grande fermento fra i vignaioli che proprio in queste ore danno vita ad un forte strappo con la decisione di disertare la mostra dei vini trentini. Non era mai accaduto sin qui. Della situazione di tensione fra il mondo della cooperazione e quello dei vignaioli abbiamo parlato recentemente in questo blog, a testimonianza del fatto – se non altro – che non rincorro gli avvenimenti. E mi fa piacere che qualcuno nella categoria mi chiami affinché possa fare da ponte con il presidente Dellai per ricostruire la trama di un dialogo altrimenti spezzato. E, del resto, è di una direzione politica forte ed autorevole che si avverte la necessità. Vorrei dire che anche su questo piano, possiamo misurare le fratture profonde quando viene meno il collante di un disegno condiviso. E il business diventa l’unica bussola. Ne parlo con il Presidente della Provincia e mi sembra di capire che non si tirerà indietro.

Altre cose affollano le giornate, dalla terza commissione che prosegue nel lavoro di audizione sulla legge relativa alla riforma della Protezione civile al nuovo incontro del gruppo di elaborazione di una proposta di legge provinciale sul software libero alla quale sto lavorando. Avremo modo di parlarne diffusamente. Nel frattempo, che sia una buona domenica.

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