
martedì, 5 aprile 2011
5 Aprile 2011
giovedì, 7 aprile 2011
7 Aprile 2011La giornata inizia con i lavori del Consiglio provinciale in un’aula dove fatico a riconoscermi e si conclude a Zambana, in un affollato incontro organizzato dal locale circolo del PD del Trentino. Due facce dell’impegno politico, fin troppo facile il sentirsi a proprio agio nell’incontro del tardo pomeriggio piuttosto che in un emiciclo abitato da una classe politica sempre più mediocre.
Ne ho una prova nel fare la verifica sulla disponibilità da parte dei consiglieri di aderire alla proposta che abbiamo lanciato come Forum di andare in viaggio di studio a Ventotene. Nel parlarne mi rendo conto di quanta ignoranza alberghi qui dentro. Non pretendo che conoscano il Manifesto per l’Europa federale, ma almeno sapere di che cosa stiamo parlando, questo lo pretenderei. Invece non è così e vi risparmio per pudore le battute che accompagnano la mia ricognizione.
Mi chiedo quanti dei presenti conoscano la genesi della Costituzione italiana, vista la retorica che accompagna il centocinquantenario… Mi chiedo quanti dei miei "colleghi" sappiano dell’Europa, non pretendo delle geografie ma almeno delle istituzioni europee. Vorrei un giorno provare a sondare quanti di loro sanno da chi o che cosa prenda il nome il nostro vecchio continente. E di quali siano, nella leggerezza delle forme della politica, le modalità di promozione della classe dirigente della nostra autonomia.
Non parlo di questo per il rammarico rispetto alla non conoscenza di uno dei pensieri più interessanti (ed eretici) del movimento democratico e antifascista del Novecento come quello del federalismo italiano e di "Giustizia e Libertà". O comunque non solo. Ne parlo perché nella discussione che prende il via nel pomeriggio e che proseguirà l’indomani sull’indagine conoscitiva sulle povertà e l’esclusione sociale in Trentino viene fuori proprio il vuoto, tutta la demagogia e tutte le banalità possibili, che davvero mi preoccupano.
Anche qui, non perché vi sia una diversa visione del mondo, magari fosse così, ma perché in assenza di un territorio condiviso il solco sta diventando profondo, l’anticamera della guerra civile. Ho peraltro l’impressione che nemmeno abbiano fatto lo sforzo di leggere la relazione accompagnatoria (non dico tutti i materiali raccolti nelle quasi cinquecento pagine di interviste agli operatori o alle realtà che lavorano sui temi dell’emarginazione e delle povertà), quasi temendo un tratto di analisi per quanto parziale ma almeno condivisa. E così, in un dibattito che dovrebbe esprimere un comune intento venendo da una Commissione che ha lavorato per qualche mese senza manifestare divergenze acute, viene riproposto il disco rotto di ogni discussione, quei quattro luoghi comuni sui quali la Lega cerca di cavalcare ogni lamentela, con un uso delle parole tanto improprio quanto violento.
Non mi va di descrivere la politica attraverso la denigrazione. Perché non voglio affatto alimentare l’antipolitica e perché quel che c’è in quest’aula altro non rappresenti che lo specchio, penso tutto sommato non peggiore, di quel che c’è nella nostra società. Ma dobbiamo essere consapevoli che questo è un macigno, la cui rimozione significa in primo luogo interrogarsi sulle forme di selezione delle candidature e forse ancor prima a che cosa sono ridotti i partiti.
E che, tutto sommato, il PD del Trentino ancora riesce a mantenere le caratteristiche di un corpo collettivo. Ne ho una riprova in serata quando, conclusi i lavori del Consiglio, con Alberto Pacher e Lorenzo Paris andiamo all’incontro di Zambana. Nel borgo della Valle dell’Adige ci accoglie una sala con almeno una trentina di persone. Non si tratta di un incontro pubblico ma ciò nonostante ne ricaviamo l’impressione di un tessuto sociale e politico ancora vivo, attento, esigente. Parliamo di inquinamento elettromagnetico, di biodigestori e di rifiuti, di barriere antirumore lungo la ferrovia: problemi reali che richiedono un approccio serio, non la rincorsa a chi si lamenta di più.
La presenza di un pezzo importante dell’amministrazione provinciale e il ruolo di chi come me può svolgere sul piano più strettamente politico ci permette di affrontare i nodi posti da altrettanti angoli visuali: ne esce un confronto serrato e positivo.
Si vorrebbe affrontare anche la questione acqua e referendum ma non c’è il tempo e allora propongo di dedicare al tema una o più serate da realizzare a Lavis e a Zambana, dopo quella già programmata a San Michele all’Adige.
Sì, credo che effettivamente il tessuto dei circoli rappresenti oggi la realtà più interessante e vivace di questo partito. Non per descrivere un corpo sano a fronte di una classe dirigente in difficoltà, schema che non funziona e che non mi convince da tempo. Ma per dare un senso al nostro lavoro, per ritrovare il bandolo di una trama sociale senza la quale la politica non può che insterilirsi ulteriormente.