
sabato, 26 marzo 2011
26 Marzo 2011
mercoledì, 30 marzo 2011
30 Marzo 2011"Tragici eventi", titolo suggestivo per l’incontro promosso dal circolo PD dell’Oltrefersina per riflettere sul filo che unisce eventi naturali come il terremoto e lo tsunami, l’incidente nucleare di Fukushima e la guerra in corso in Libia. Ne esce una discussione importante ed appassionata, aperta al confronto fra opinioni diverse, come dovrebbe essere nei Circoli di un partito che prova a darsi un orientamento condiviso a partire da sensibilità diverse, non dando nulla per scontato. Perché nel nostro rapporto con la natura, nel pensare di governare le sue forze e nel nostro approccio verso la guerra ci portiamo appresso l’eredità dei pensieri dai quali veniamo e che hanno segnato, nel bene e nel male, il Novecento.
Mentre torno da Conegliano Veneto – dove sono stato nel pomeriggio per tenere un corso di formazione ad una sessantina di ragazzi sul tema dell’Europa e dei Balcani – penso a quale potrebbe essere questo filo conduttore e così quando vado in ufficio prima dell’incontro dell’Oltrefersina mi stampo le parole de "La ginestra, o il fiore del deserto" di Giacomo Leopardi. Le scrisse nel 1836 e rappresentano uno straordinario monito verso quel "secol superbo e sciocco" di cui intravedeva la scelleratezza, ovvero l’idea dell’uomo signore assoluto del mondo. Perché se c’è un filo che può unire i "tragici eventi" di questi giorni è esattamente questo, il tema del "limite".
Gian Pfleger, esponente degli Ecodem invitato con me all’incontro, espone il suo punto di vista sul nucleare, argomento sul quale peraltro saremo chiamati a votare nel referendum del 12 giugno. Indica le ragioni che dovrebbero portarci a scegliere una strada energetica diversa da quella dell’atomo. Possiamo farne a meno, dice il rappresentante degli ecologisti democratici, perché è costoso, insicuro, non ha ancora risolto il tema delle scorie e infine perché ci sono altre fonti di energia alle quali attingere. Tutte cose condivisibili, ma manca un aspetto che poi riguarda esattamente quel filo conduttore da cui vorrei partire. E lo rileva uno dei partecipanti all’incontro, Michele Lanzinger, che mi offre un assist prezioso per porre alle persone in sala il nodo di fondo: il nucleare è il paradigma di un modello di sviluppo insostenibile, sull’impronta ecologica del quale dovremmo interrogarci.
E’ dunque il limite la frontiera sempre più ineludibile. Riguarda le fonti energetiche, l’acqua, la terra. Porto l’esempio dell’uso scellerato che abbiamo fatto dell’amianto nel corso dei decenni passati e di come quell’impronta rappresenti un’eredità tragica che ci porteremo appresso per anni, talmente impattante che per la bonifica dall’amianto in Europa si è calcolato che ci vorrebbero 4 PIL europei. Più in generale, riguarda il diritto alla vita dei 6 miliardi di persone che diverranno 9 fra qualche anno, riguarda lo spazio vitale, riguarda la guerra.
Occorre dunque un cambio di prospettiva, di cui non abbiamo ancora compreso la portata ma che piano piano diventa consapevolezza anche della politica. "Meglio con meno" ci siamo detti nell’ultima finanziaria: è la strada della sobrietà declinata non come taglio e rinuncia a qualcosa, ma come un nuovo modo di guardare alla nostra esistenza, al lavoro, ai consumi. C’è voluta la crisi per rendercene consapevoli, quasi un’opportunità. Perché "meglio con meno" significa responsabilità, rimotivazione professionale, un diverso concetto di mobilità, banda larga, telelavoro… insomma farsi carico e trovare soluzioni nuove.
Vedo le persone ascoltare attentamente, quasi stupite che da un consigliere provinciale possano venire non solo proposte di carattere amministrativo ma anche una diversa visione che tiene uniti i "tragici eventi" di cui stiamo parlando. C’è una bella interlocuzione, vedo che le persone hanno voglia di parlare e se non fosse già tardi potremmo andare avanti senza annoiarci ancora per ore. C’è anche un interrogarsi sulle difficoltà del PD di leggere il nostro presente, di una politica che tende a rincorrere gli avvenimenti piuttosto che provare ad avere una propria chiave di lettura del tempo, di approcci ereditati dalle precedenti appartenenze che andrebbero messi in discussione, visto che ci lasciavano in braghe di tela ieri, figuriamoci oggi.
Penso alle polemiche di questi giorni sulla guerra, agli interventi che si sono susseguiti sui quotidiani locali dei nostri deputati (e non solo) nel riproporre lo schema consunto che ha portato in questi anni il nostro paese – in dispregio dell’articolo 11 della Costituzione – agli interventi armati in Afghanistan, in Iraq, in Kosovo… penso al fatto che la privatizzazione dell’acqua è iniziata con il centrosinistra e che sul referendum ancora stiamo balbettando… o che, anche sul nucleare, l’idea che lo sviluppo debba essere la stella polare ha fatto sì che anche a sinistra il fascino dell’atomo potesse far breccia.
Che si richiami all’ordine il gruppo consiliare del PD del Trentino, reo di aver espresso qualche dubbio sulla scelta di intervento militare in Libia, in nome della cultura di governo e della tradizione responsabile dei Degasperi o di Kessler mi fa davvero sorridere. Abbiamo costruito il PD esattamente perché quel che c’era prima non andava bene. O no?
Spero che le persone presenti ieri sera alla sala dell’Oltrefersina se ne siano tornate a casa con questa consapevolezza e con qualche spunto in più di riflessione. Nel salutarci finale e nell’espressione di Micaela Bertoldi che del circolo è la segretaria, mi sembrava proprio di sì.