
martedì, 15 marzo 2011
15 Marzo 2011
venerdì, 18 marzo 2011
18 Marzo 2011Oggi è la giornata del centocinquantenario. Giorno di festa, come sapete, da poco istituito e che si celebra in tutta Italia in pompa magna. E’ proprio la retorica che accompagna il giorno dell’unità d’Italia che non mi piace, pur comprendendo bene che oggi, di fronte al degrado politico istituzionale, all’attacco verso la Costituzione e alle dinamiche separatistiche, anche i simboli dell’unità d’Italia possono assumere un significato di resistenza.
Che però ci porta a guardare all’indietro, ad una dimensione nazionale quando tutto è ormai oltre le nazioni. E che richiederebbe una ben altra capacità di pensare al futuro. Ciò nonostante questo orgoglio di essere italiani, questo bisogno di appartenenza oltre gli angusti confini del proprio particolare, questo riferirsi ad una storia fatta come ogni altra di pagine buie ma anche di grande capacità di riscatto, indicano un terreno da abitare. Tutto questo può avvenire attraverso i racconti, l’elaborazione di queste narrazioni e dei conflitti che sottendono, l’interrogarsi sugli scenari e sulle scelte.
E’ quel che proviamo a fare giovedì pomeriggio, alle Gallerie di Piedicastello, nella manifestazione che già nel titolo esprime questa volontà di interrogarci sulla storia con lo sguardo rivolto al futuro: "La Costituzione racconta l’Italia". Il Museo storico del Trentino, in collaborazione con Terre del Fuoco, Anpi e Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani danno vita ad una bella iniziativa, introdotta dal concerto del Corpo musicale Città di Trento che intona di seguito l’Inno di Mameli, l’Inno al Trentino e l’Inno alla Gioia. L’intervento di Giuseppe Ferrandi indica la traiettoria della riflessione che si percorrerà nel pomeriggio attraverso gli articoli più salienti della Costituzione Italiana letti e commentati al presente. E dopo l’intervento del presidente dell’ANPI Sandro Schmid sarà lo scadenzare degli articoli ad accompagnarci, insieme a Fabrizio De Andrè interpretato con passione dal gruppo degli "Apocrifi".
Ogni articolo viene raccontato da un testimone. Così l’articolo 1 (l’Italia, repubblica fondata sul lavoro) viene raccontato a nome di CGIL, CISL e UIL da Paolo Burli; l’articolo 3 (l’eguaglianza di fronte alla legge) dal Presidente dell’Associazione nazionale dei magistrati del Trentino Alto Adige Pasquale Profiti; l’articolo 6 (la tutela delle minoranze linguistiche) dalla Procuradora del Comun General de Fascia Cristina Donei; l’articolo 8 (la libertà di culto) dal Presidente della Comunità Islamica del Trentino Alto Adige Aboulkheir Breigheche; l’articolo 9 (lo sviluppo della cultura e della ricerca) dalla rappresentante studenti Liceo L. Da Vinci di Trento Anamaria Stanescu; l’articolo 10 (il diritto d’asilo) da Ehsan Soltani, rifugiato politico iraniano. Infine tocca a me presentare l’articolo 11 (il ripudio della guerra).
Nel mio intervento parto dalle parole di Piero Calamandrei che così si rivolgeva nel 1955 agli studenti di Milano «Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati…». Sì, perché uno di questi luoghi dove è nata la Costituzione è l’isola di Ventotene, luogo di esilio forzato di intellettuali come Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi che proprio lì elaborarono il Manifesto dell’Europa. Era il 1941, in piena seconda guerra mondiale, scoppiata come la prima nel contesto di sopraffazione e di egemonia fra le principali nazioni del vecchio continente. L’Europa veniva proposta come il progressivo superamento delle sovranità nazionali. «Il problema che in primo luogo va risolto, e fallendo il quale qualsiasi altro progresso non è che apparenza, è la definitiva abolizione della divisione dell’Europa in stati nazionali sovrani». Così scrivevano nel Manifesto ma non vennero ascoltati. Quell’auspicio trovò spazio nella Costituzione Italiana proprio all’articolo 11 dove il tema della pace viene declinato in chiave sovranazionale.
Non è bastato a metterci al riparo. Né per le guerre di cui l’Italia è stata partecipe in Iraq, in Kosovo o in Afghanistan. Né per le spese militari, se solo pensiamo ai 18 miliardi di euro destinati agli F35. E nemmeno per l’Europa politica (che poi vuol dire Europa delle Regioni), che ancora è ben lontana dall’essere realizzata.
Nella galleria bianca ci sono più di 400 persone. Gente che ama questa terra e questo paese. Non tutti riconoscono l’inno alla gioia e allora provo a raccogliere la sfida di Ferrandi, quell’andare oltre che richiede qualcosa di più della resistenza, declinando la pace in un progetto di cittadinanza che superi la paura dell’altro, non solo "Cittadini italiani per Costituzione", ma quel divenire di "Cittadini europei e mediterranei per costituzione", che guarda alla storia, alle culture e ai saperi che si sono intrecciati ma anche a questo tempo che nell’interdipendenza ha reso relativa ogni distanza.