
sabato, 26 febbraio 2011
26 Febbraio 2011
martedì,1marzo 2011
1 Marzo 2011Al Maso Finisterre, poco fuori Trento, ci vediamo per un incontro informale del PD del Trentino. Ci sono esponenti del Coordinamento, il gruppo consiliare, gli assessori provinciali, i sindaci delle città trentine, la delegazione parlamentare. In ballo molti temi, ma uno più degli altri occuperà le due ore e mezza di confronto: la questione Molinari, il quadro politico nazionale, il contesto politico trentino.
Claudio Molinari, senatore del PD eletto nella lista regionale che esprimeva l’accordo con la SVP, ha dato recentemente le dimissioni dal gruppo parlamentare del PD, contribuendo così al contesto di migrazioni che caratterizza il Parlamento italiano e che ne certifica la profonda crisi politica.
Nell’intervista che Molinari ha rilasciato alla stampa locale parla di un PD che non ha saputo costruire quella sintesi culturale e politica che rappresentava la grande sfida intrinseca alla nascita di questo partito. Il che è probabilmente vero, quand’anche in Trentino qualche passo in più lo si sia compiuto. Ma che non giustifica affatto scelte individuali che ne indeboliscono oltremodo la ricerca, specie da parte di persone che portano con sé – per la funzione che il partito ha assegnato loro – un peso maggiore sul piano della responsabilità.
Il dibattito che si sviluppa è molto pacato, i toni rispettosi. Almeno qui non alberga la cultura del tradimento, semmai l’interrogarsi sulla rappresentazione che ne viene, la necessità di parlare con un elettorato incerto e talvolta smarrito di fronte alla personalizzazione della politica, il bisogno di capire se sia quest’ultimo tratto – quello legato ai propri destini personali – a caratterizzare questa vicenda, la lezione da trarne.
Che il PD sul piano nazionale navighi a vista non ci piove. E’ pur vero, come sottolinea il segretario Michele Nicoletti, che è l’unico soggetto che può chiamarsi partito, laddove le forme della politica ruotano attorno al leader di turno, avendo totalmente smarrito una dimensione di spazio collettivo. Come è vero che, in assenza di una sintesi culturale forte, sui nodi decisivi si evidenziano frequentemente idee diverse.
E comunque, se pure questa sintesi sia ancora fragile o assente, non significa che questa non debba essere la strada da percorrere insieme. In particolare penso all’idea di un partito territoriale che questa sintesi non smette di ricercarla, federato (o confederato) con il PD a livello nazionale, che guarda all’Europa come prospettiva politica sovranazionale. Che si richiami al PD ma che sia qualcosa d’altro e di più.
Ricordo che nell’ultimo incontro come questo che qualche mese fa tenemmo a Calceranica, interrogai i presenti esattamente su questo punto, se dovevamo considerare conclusa o meno la fase di scomposizione e ricomposizione politica che ruotava attorno alla nascita del PD del Trentino. La mia risposta era allora ed è oggi la stessa, no. E che quello della territorialità rappresentava il vero cambio di prospettiva che s’imponeva alla politica. Un altro schema di gioco, capace di ricomporre le idee e le contraddizioni fuori dall’orizzonte novecentesco, ma anche dagli opportunismi di un galleggiamento funzionale ai destini di questo o quell’altro esponente politico.
L’idea riemerge in questa conversazione, ne parlano Ale Pacher, Giorgio Tonini, Roberto Pinter ed altri. Io stesso, in un breve intervento, inquadro la questione dei nostri rapporti con il PD nazionale non come questione di statuti o di regole, ma come capacità di guardare a quel che sta accadendo intorno a noi, alle rivoluzioni che sconvolgono il Mediterraneo e alle paure che annebbiano la vista delle persone. Le une e le altre andrebbero comprese e accompagnate, in una cornice che sia insieme locale e globale, trentina ed europea. E regionale, come giustamente sottolinea Tonini, perché in questo quadro il nodo ritorna l’elaborazione del terzo statuto, ovvero di una nuova stagione dell’autonomia.
Altrimenti ci ritroveremo nelle secche ideologiche dell’unità d’Italia e delle identità escludenti, entrambe facce della stessa medaglia che con il federalismo non c’entrano proprio nulla. Perché un disegno di questo tipo richiede autonomia progettuale e di pensiero, merce rara nella politica anche locale.
Credo sia questa la sfida che attende il PD del Trentino e la coalizione di governo dell’autonomia nei prossimi mesi ed anni.