
venerdì, 11 febbraio 2011
11 Febbraio 2011
giovedì, 17 febbraio 2011
17 Febbraio 2011Il Consiglio regionale è ridotto in uno stato tale che in questa assise si possono ascoltare le cose più incredibili. Basta una proposta voto al Parlamento italiano sulle politiche di sostegno alla partecipazione femminile nel mercato del lavoro e sugli stereotipi di genere nella società e … apriti cielo. Il livello degli interventi è talmente basso e volgare che verrebbe voglia di essere altrove. E viene fuori il peggio del peggio.
Quel che più mi inquieta non è però l’ignoranza, non sono le smargiassate di personaggi che esprimono la peggiore cultura da osteria, anche se anche alla volgarità dovrebbe esserci un limite di decenza. Sono i cultori dello scontro di civiltà a fare paura. Quelli che nei loro interventi parlano della superiorità occidentale, rivendicano la cacciata dei mussulmani e degli ebrei dalla Spagna e che al tempo stesso presentano mozioni contro la persecuzione dei cristiani nel mondo. I nuovi crociati.
Sappiamo come oggi i simboli e i miti siano vere e proprie armi. Che vanno presi sul serio. E che l’attualità politica carica ogni volta che si ha a che vedere con le pagine non elaborate della storia.
Ignoranza e furore ideologico, ecco la cifra degli interventi di oggi. Il "voto" nel Consiglio regionale passa per una lunghezza, a testimonianza di una maggioranza che non costruisce cultura condivisa. Se fra qualche settimana – come certamente accadrà – il confronto sarà sul centocinquantenario dell’unità d’Italia rivivremo lo stesso film, giocando oltremodo con il fuoco.
Affrontare questi argomenti con la mannaia non può che portare a danni disastrosi. E’ finito anche il tempo di tatticismi per coprirsi dalle derive nazionaliste. Ci vorrebbe – invece – il coraggio culturale di affrontarli i nodi irrisolti, con la delicatezza di chi sa che non c’è nulla di più difficile che mettere mano alla storia. Lo dico pensando alla leadership della SVP, partito che – per il suo peso specifico – più di ogni altro dovrebbe farsi carico di aprire una pagina nuova, avendo il coraggio di riconoscere il sordo dolore degli altri. Così da indurre reciprocità e dunque di mettere in campo un disegno non più diviso ma di tutti i sudtirolesi, di lingua tedesca o italiana che siano. Tutto questo ha come presupposto un lavoro che ancora non c’è stato nel cuore delle comunità e che tutti si guardano bene dall’aprire, compresi quelli che tanto parlano di interculturalità per poi rinchiudersi dentro le proprie appartenenze (e rendite elettorali).
Terreno sul quale la dimensione regionale potrebbe avere un ruolo di "terzietà", qualora non fosse agita dai fantasmi che invece la abitano e che altro non sanno fare che soffiare sul fuoco. Una matassa non facile da districare. Sono mesi che continuo a sostenere che non possiamo starcene con le mani in mano ad assistere alla marcescenza di questa istituzione e così finalmente oggi affidiamo un incarico a due studiosi affinché nel giro di qualche mese ci presentino una proposta che provi ad aprire una strada nuova per uscire dal pantano.
Dovrebbe essere quella di superare le competenze residuali in capo alla regione, chiudere dunque la stagione della contesa attorno alle competenze dell’autonomia e definire un ruolo politico che abbia come orizzonte il terzo statuto d’autonomia e la regione europea.
Per concludere la giornata, quattro ore di riunione con il gruppo di lavoro che mi sta aiutando nella redazione di una nuova legge provinciale sul software libero. Così è mezzanotte passata quando me ne vado dagli uffici del gruppo consiliare. E buona notte.