Pergine
lunedì, 17 gennaio 2011
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venerdì, 21 gennaio 2011
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mercoledì, 19 gennaio 2011

La serata al Castello del Buonconsiglio con Paolo Rumiz è davvero interessante. Una sala gremitissima di persone, che hanno scelto di uscire di casa nel freddo invernale e preferito la presentazione di un libro al gossip berlusconiano offerto in tutte le salse. Un pubblico attento e preso dal racconto dell’autore. E, con il racconto, cercare di capire. Ciò che si fatica a fare nella melassa che rende opaco questo tempo.

Una serata dove, a partire dal racconto di una storia d’amore, si è parlato di vicende storiche, di geografie, di letteratura, di culture materiali, di attualità politica. Il racconto come narrazione politica. Perché anche questa è una possibile chiave di lettura della "ballata" intitolata "La cotogna di Istanbul". Un modo diverso per entrare in un pezzo di storia non elaborata, qual è la guerra balcanica degli anni ’90 e attraverso di essa nella vicenda europea.

"Da nessuna parte puoi capire meglio il destino d’Europa" dice Maša parlando di Sarajevo. Ed il rammarico che porto con me è proprio questo, quello di non essere riuscito a trasmettere e far recepire i tanti messaggi che in questi anni i Balcani ci hanno  inviato: la natura postmoderna di quegli avvenimenti, il carattere di nuove guerre che si accaniscono contro i luoghi della cultura e della storia più che contro l’esercito avverso, il conflitto fra città e campagna che poi abbiamo ritrovato nei tratti dello spaesamento che hanno devastato il nord di questo nostro disgraziato paese, la "krčma" ovvero la locanda, tanto simile all’osteria sotto casa, i luoghi dove gli umori diventano rancore e il rancore diviene progetto politico. C’era la possibilità di capire in anticipo quel che sarebbe accaduto, i rituali e i miti che hanno accompagnato l’ascesa della Lega, i processi di finanziarizzazione dell’economia così fortemente intrecciati con la criminalità economica… la possibilità di uno sguardo diverso sul nostro presente.

In pochi ci abbiamo provato. Paolo Rumiz fra questi. Di tutto questo ci racconta il libro di Rumiz… e anche di altro: immagini che toccano corde profonde, la bellezza e il fascino di luoghi conosciuti, il profumo di primaverile di Mostar, i segreti della bosanska kafa… che poi è il tempo per guardarsi negli occhi, di scrutare l’orizzonte, di evitare gli stereotipi, di non rincorrere le prime pagine dei giornali.

La storia di Maša affascina i presenti  e lì fa entrare nello spirito di una cittadinanza euro mediterranea che si nutre di storie non raccontate, di dettagli ai più sconosciuti, di passaggi di tempo, di luoghi di mezzo. Era quel che volevamo e forse un po’ ci stiamo riuscendo. Rimane un briciolo di amarezza nel vedere come, fra tanta gente, la politica sia altrove, testimonianza di un’aridità che deve farci riflettere. Perché è principalmente di questo che avrebbe bisogno, sguardi e visioni per abitare il proprio tempo.

 

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