Silvis Magnago
martedì, 25 maggio 2010
25 Maggio 2010
la bandiera romani al Colle di Miravalle
sabato, 29 maggio 2010
29 Maggio 2010
Silvis Magnago
martedì, 25 maggio 2010
25 Maggio 2010
la bandiera romani al Colle di Miravalle
sabato, 29 maggio 2010
29 Maggio 2010

venerdì, 28 maggio 2010

La giornata di giovedì se ne va interamente in Consiglio Provinciale. L’ordine del giorno è ancora nutrito. Annoto fra i punti importanti la mozione sulla riconversione industriale di Borgo Valsugana, il tema del biogas desinato a ritornare a breve in Consiglio e, infine, quella che porta come prima firma la mia sugli impianti della telefonia mobile. Personalmente non amo dire la mia su ogni cosa, un po’ per ritrosia, un po’ perché non si può essere competenti su tutto. Ma mi sembra fuori dal mondo dedicare un’ora e mezza e non meno di una dozzina di interventi su una mozione che auspica la realizzazione di una rotatoria in quel di Dermulo, cosa utile ma davvero sproporzionata nell’economia di un autogoverno che intenda essere responsabile. Il fatto è che in Consiglio si sta non per governare al meglio l’autonomia bensì per garantirsi visibilità: la preoccupazione prima di molti miei "colleghi" dal primo giorno del loro insediamento in quest’aula è quella di come fare per essere rieletti, questo è il problema. I processi collettivi sono cose del passato. Questa è la dura realtà.

Butto giù qualche appunto e poi cerco di fare mente locale sulle due relazioni che dovrò tenere l’indomani a Terra Futura, la manifestazione che da anni si svolge alla Fortezza da basso a Firenze. Sulla cooperazione delle relazioni e su "guerra e criminalità internazionale". Sulla prima devo solo decidere che taglio dare perché il tempo sarà contenuto dalla ricchezza dei relatori provenienti dall’Italia e dal mondo. Il convegno è promosso dal Cocis, una delle federazioni delle Ong italiane e ha come titolo qualcosa di molto affine alla nostra elaborazione: "Oltre gli aiuti. La cooperazione fra comunità responsabili". E’ interessante vedere come le idee comincino a penetrare nella riflessione delle Ong ed è una piccola grande soddisfazione perché vuol dire che il tempo dedicato alla formazione e le cose scritte hanno lasciato il segno. Sulla seconda ha come oggetto le guerre dimenticate e quel che mi si richiede è di dire qualcosa sugli stati offshore. E’ un invito a nozze. 

L’ordine dei lavori, le votazioni, il chiacchiericcio sulle nomine mi riportano ad un’altra realtà. Nonostante gli sforzi di alcuni di noi e di tante brave persone che vi dedicano gratuitamente il proprio tempo libero, devo dire che questa politica non mi appassiona. Se poi ci sono di mezzo nomine in posti chiave dell’amministrazione pubblica, alla faccia della legge che abbiamo appena votato, l’unica cosa che conta diventa la fedeltà. Un tempo al partito, oggi alla lobby personale. Una fibrillazione che dura da qualche giorno, nella quale mi si vuol tirare dentro, ma che mi risulta insopportabile. Non solo a me, per la verità. Non voglio fare l’anima bella, queste cose è necessario affrontarle senza avere la puzza sotto il naso, ma il problema è che in assenza dei partiti e degli altri corpi intermedi che selezionino competenze e capacità di visione politica, queste cose diventano mercé di gruppi di pressione più o meno forti.

Finiamo che è ormai sera inoltrata. E mi attende una giornata pesante. Venerdì c’è anche il funerale di Silvius Magnano, al quale avrei voluto esserci, ma gli impegni presi da tempo non me lo permettono.

Il mio venerdì inizia alle 6.00 del mattino. Partenza per Firenze in auto, l’unico mezzo di trasporto per andare e tornare in giornata. L’A1 è intasata di traffico più del solito ed uno si chiede che cavolo trasportino questi TIR, avanti e indietro per l’Italia e per l’Europa. Stare qualche ora in autostrada ti fa capire in quale incubo ci stiamo infilando. A Firenze la Fortezza da basso è in pieno centro. Lì si svolge "Terra Futura", mostra – convegno internazionale dedicata "alle buone pratiche di vita, di governo e d’impresa verso un futuro equo e sostenibile", giunta alla sua VII edizione. E’ un pullulare di iniziative, alcune molto interessanti, altre un po’ scontate. Ho un po’ di tempo libero e quindi mi metto a girare fra gli stand. Ci sono proposte che spaziano in ogni campo delle buone pratiche e devo dire anche molto interessanti. Noto che nei frequentatori mancano alcune fasce d’età, quella dei trentenni e dei quarantenni in particolare, e come negli stand siano molto più presenti le donne che gli uomini. Incontro un po’ di gente conosciuta, alcuni non li vedo da anni e così ci si rispecchia nei capelli bianchi degli altri. E’ una piccola tribù e temo l’autoreferenzialità. Fuori di qui scorre un’altra vita. 

Arriva il tempo degli impegni. Alle 16.00 attacca la prima conferenza nella quale sono relatore. La "sala delle spade" è piena di gente, vuol dire che un po’ di aspettativa c’è. Prima di me, oltre ai responsabili del Cocis, intervengono il ministro dell’agricoltura del Paraguay e Loretta Napoleoni. Trovo conferma di un’impostazione condivisa nell’intervento introduttivo di Giancarlo Malavolti e quindi ho la strada spianata per dire ciò che penso di una cooperazione che ha da tempo smarrito una propria identità politica, troppo occupata a rincorrere emergenze e finanziamenti per tenersi viva, incapace di uno sguardo autonomo su quel che accade nel mondo e di mettere alla prova le proprie categorie. Occorre un cambio di approccio e vedo molto consenso verso quel che dico.

Finito il mio intervento devo scappare via, perché mi attende l’altro incontro. Odio fare queste cose, ma è altrettanto vero che non è previsto uno spazio per l’interlocuzione con i relatori. In un’altra sala, più piccola, c’è l’incontro attorno all’Atlante sulle guerre nel mondo. L’associazione "46° parallelo" è nata per iniziative di giornalisti e il mio intervento è previsto insieme a quello di Amedeo Ricucci, Federica Ramacci, Raffaele Crocco ed altri. Parto dalla Transnistria, di questo paese forse oggi un po’ più conosciuto perché ne ha parlato Nicolai Lilin in "Educazione Siberiana", seppure in forma un po’ folcloristica e tutto sommato fuorviante. Perché la Transnistria non è semplicemente il paese della "criminalità siberiana" (si chiama così una parte della comunità che abita in quell’area), degli uomini dei tatuaggi e del codice d’onore criminale, bensì uno degli snodi del traffico internazionale d’armi e di essere umani. E dunque protagonista della nostra modernità, strettamente connessa con la finanziarizzazione dell’economia e della crisi in atto. Non credo che di questo si parlerà nel Festival dell’economia della prossima settimana a Trento, troppo "politicamente corretto" per affrontare quel che gli economisti di mezzo mondo non hanno saputo descrivere, ovvero un’economia trasformatasi in un immenso casinò. Parlo del legame fra tutto questo e le nuove guerre, dell’interdipendenza che le fa entrare nelle nostre vite. Anche qui molta attenzione.

Sono le 8 di sera. Un po’ di saluti con Tonino Perna, Mario Agostinelli, Tonio Dall’Olio che incontro all’uscita e poi via, alla volta di casa, dove arrivo poco prima di mezzanotte.

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