
sabato, 22 maggio 2010
22 Maggio 2010
martedì, 25 maggio 2010
25 Maggio 2010lunedì, 24 maggio 2010
E’ tarda serata. Accanto a casa un vecchio furgone targato Galati, inconfondibile perché con quel mezzo, nell’ottobre e nel novembre del 2008, ho girato il Trentino in lungo e in largo. Vedere Gheorghe mi emoziona perché è un sacco di tempo che non ci vediamo, amico dell’altra Europa, musicista professionista e poi di strada, cinquantenne che si è perduto nella Romania del business estremo. Qualche anno fa, insieme, abbiamo avviato una forma di turismo responsabile verso il suo paese, progetto forse ancora un po’ avveniristico e non ancora sostenibile.
Ci racconta di un paese che è da tempo immerso in una grande crisi di nervi, già oltre la delocalizzazione che ha segnato questo paese in alcune aree diventati improvvisamente distretti produttivi e poi altrettanto improvvisamente superati dalle dinamiche della globalizzazione che è alla perenne ricerca di aree più deregolate. Ci dice che nel suo condominio di Galati mezzo palazzo è senz’acqua calda e senza elettricità semplicemente perché non hanno i denari per pagarla. Che la gente vive di espedienti e che aggira i sigilli posti al contatore con bypass artigianali. Dove gli stipendi pubblici medi non vanno oltre i 300 euro in un contesto dove il costo della vita non è poi tanto diverso dal nostro. Che, alla faccia di tutto questo, il leader del suo paese si è comprato un condominio a Dubai. Un racconto di esclusione nella nostra Europa, dove l’ingresso nell’Unione è vissuto come una grande beffa.
Vengo da una lunga riunione del Forum dove abbiamo discusso di un percorso sulla cittadinanza euro-mediterranea che da qualche mese stiamo elaborando. Per cercare di costruire una coscienza favorevole all’idea europea, in un quadro di diffusa ostilità verso l’Europa. Un approccio diverso dalla logica degli eventi, che invece va per la maggiore a prescindere dalla capacità di indicare scenari e approcci innovativi. Provare a costruire pensiero e pratiche in grado di abitare questo tempo fuori dai rituali del pacifismo. Nella volontà di investire nella conoscenza delle storie e delle culture dei popoli, nella loro complessità e contraddittorietà. L’Europa è in crisi profonda, lo è per la crisi finanziaria che diventa economica che attraversa paesi forti e deboli, lo è sul piano culturale considerato che soprattutto la povera gente guarda con sospetto ad un’Europa da dove vengono altri cittadini che a parità di lavoro ricevono salari quattro o cinque volte inferiori. Lo è perché cresce la paura e perché il Mediterraneo (ma anche le strade dei camion) è diventato il simbolo di un muro invisibile che si chiama scontro di civiltà.
Saranno quattro itinerari attorno alla storia, ai saperi, ai pensieri e alle geografie. A partire da quando la nostra Europa, quella occidentale, volse lo sguardo altrove. Non a caso inizieremo con un convegno sul pensiero di Fernand Braudel, un omaggio alla sua grande opera "Civiltà e imperi del Mediterraneo nell’età di Filippo II". Di tutto questo ne parleremo. Prima del Consiglio della Pace e dei Diritti Umani avevo la riunione della terza Commissione legislativa. Punti di una certa rilevanza, Metroland in primis. L’idea di fondo riguarda il tema della mobilità lungo gli assi principali del collegamento fra Trento e le valli principali e questo non è male. L’ing. De Col snocciola i dati relativi ai flussi di traffico pubblico e privato lungo le direttrici attraverso le quali si dovrebbe articolare il progetto. Ma c’è una questione preliminare che non ha cittadinanza. Riguarda la capacità di prevedere scenari diversi da quello attuale, immaginando diversi flussi in ordine alla riforma istituzionale, alla delocalizzazione delle funzioni oggi in capo a Trento, alla vera e propria rivoluzione che rappresenterà il "telelavoro". Non possiamo permetterci, in un contesto di sobrietà pressoché obbligata, di mettere in campo investimenti straordinari senza avere chiaro il contesto nel quale andremo a proporre Metroland.
Presenterò nei prossimi giorni una mozione che va in questa direzione, non per esprimere una contrarietà preconcetta quanto invece per capire cosa accadrebbe se la Provincia decidesse di imboccare decisamente la strada della mobilità sul serio alternativa. Discutiamo anche della petizione popolare contro la realizzazione dell’antenna wind a Zambana, cosa che ho seguito nei mesi scorsi non tanto con l’idea di impedire quella specifica installazione (che è giò avvenuta) quanto per prevedere un piano provinciale relativo alle infrastrutture degli impianti per la comunicazione. Sul tema andrà in discussione uno specifico ordine del giorno in questa sessione del Consiglio Provinciale sui contenuti del quale la Commissione esprime un diffuso orientamento positivo.