
giovedì, 6 maggio 2010
6 Maggio 2010
martedì, 29 gennaio 2013
11 Maggio 2010Venerdì sera sono ad Arco. E’ la parte conclusiva di una giornata dedicata alla "Lotta alla povertà e all’esclusione sociale" che ha coinvolto millecinquecento ragazzi dell’Istituto comprensivo di Arco, i loro genitori, gli insegnanti e il personale tutto della scuola nell’iniziativa "Passi di pace". Una grande fila indiana nelle vie della città, un concerto ed infine, a sera, una Tavola rotonda dove intervengono le assessore Marta Dalmaso e Lia Beltrami Giovanazzi, padre Fabrizio Forti che all’esclusione dedica la propria missione, Stefano Canestrini che lavora a Cinformi, e il sottoscritto come rappresentante del Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani.
E’ bello che una giornata così si concluda con un momento di pensiero, le persone che vi partecipano hanno responsabilità e competenze importanti, l’aula magna della scuola è affollata di gente. Il dirigente scolastico Lorenzo Pierazzi e la professoressa Laura Mattei che di tutto questo è stata l’animatrice, sono molto soddisfatti e si attendono molto da questo momento conclusivo. Le parole che vengono pronunciate riflettono bene le diverse sensibilità, i diversi vissuti come pure le diverse opinioni.
Lia Beltrami Giovanazzi, assessore alla solidarietà internazionale e alla convivenza, racconta delle risorse che la PAT investe nella cooperazione, delle relazioni costruite nel sud del mondo come in Abruzzo, dell’umanità che ne viene.
Marta Dalmaso, responsabile dell’istruzione trentina, descrive le nuove sfide con le quali la scuola è chiamata a confrontarsi, di come le difficoltà e le problematicità possono trasformarsi in opportunità, della necessità di un approccio interdisciplinare se vogliamo contribuire a formare persone capaci di abitare questo tempo complesso, di come la lotta all’esclusione debba essere il filo conduttore delle politiche scolastiche in provincia di Trento.
Con Padre Fabrizio Forti ci conosciamo da tanti anni, ma le nostre strade non si sono quasi mai incrociate. Ricordo il suo impegno durante la guerra in Bosnia, per entrare con i volontari a Sarajevo, nella veste di diplomatico della pace a trattare con i signori della guerra. E’ stato il nostro ultimo contatto, lui ad occuparsi di emarginazione mentre io cercavo le strade di una nuova cooperazione. Fabrizio esprime la sua ritrosia nel parlare di povertà, come se questo gli togliesse energie vitali per abitarle la povertà e l’emarginazione. Ma il suo affresco dell’esclusione che non vogliamo vedere intorno a noi è di grande efficacia. Parla delle nostre comunità che hanno smarrito così in fretta la memoria di quel che eravamo, ma anche della straordinaria umanità che s’incontra nelle persone che si aprono agli altri.
E’ appena diventato papà Stefano Canestrini, giovane operatore del Centro Astalli e collaboratore per Cinformi, l’agenzia di sostegno agli immigrati che rappresenta un’esperienza unica in Italia. Sono un punto di riferimento informativo per chi arriva in Trentino, per un alloggio, per un lavoro, per un permesso di soggiorno. Testimoni di un Trentino diverso.
Infine tocca a me tirare le conclusioni, liberamente, come mi dice Laura Mattei. Provo a dire che ne ho piene le tasche del "tempo del fare", che abbiamo il dovere di comprendere la complessità del nostro tempo se vogliamo interloquire con la solitudine, l’autismo di massa, le paure. Che vanno prese per mano, interrogandoci se le parole e le categorie che usiamo sono in grado di comunicare e prima ancora di interpretare i processi di cambiamento che attraversano le nostre esistenze. Provo a dire che il significato di quindici anni di strade impossibili percorse di là dell’Adriatico non era quello della solidarietà, o almeno non solo e non tanto. Ma quello di avere uno sguardo sulla modernità, sui processi che nella globalizzazione entrano, che lo vogliamo o no, nelle nostre esistenze. Che non possiamo volgere altrove lo sguardo perché, anche se lo facciamo, l’interdipendenza ci avvolge. Che dobbiamo smetterla con gli aiuti che creano dipendenza, che – a proposito di povertà – ogni territorio è ricco di suo, impoverito semmai delle ricchezze che gli vengono sottratte per garantire la sostenibilità di un modello di vita considerato "non negoziabile", e che il problema è di attrezzare le comunità a riappropriarsi delle loro risorse.
Il mio è l’ultimo intervento, ma nonostante la serata sia tarda, c’è silenzio e attenzione. Temo che il carattere un po’ provocatorio delle mie parole possa non essere compreso, ma la reazione è invece molto positiva. Strette di mano, parole di sostegno e di incoraggiamento.
Beh, sono proprio cotto. L’auto mi porta veloce verso casa.