martedì, 20 aprile 2010
20 Aprile 2010giovedì, 22 aprile 2010
22 Aprile 2010mercoledì, 21 aprile 2010
A cena con noi c’è Ciro Russo, coordinatore dei progetti finanziati dalla Provincia Autonoma di Trento in sud America. Con Ciro c’è una vecchia amicizia fin dai tempi in cui era segretario della FIM, il sindacato metalmeccanico della Cisl trentina. Conclusa quell’esperienza, era la fine degli anni ’80, se ne andò per conto della PAT prima in Mozambico e dal 1992 nel Chaco, nel nord dell’Argentina, dove è rimasto in tutti questi anni per seguire i progetti della "Trentini nel Mondo". Non esattamente un luogo di vacanza visto che se la regione dove Ciro normalmente risiede viene chiamata "Pampa dell’inferno" un motivo dovrà pur esserci. Un ruolo di grande responsabilità considerato che gran parte dell’emigrazione trentina ha avuto l’America Latina come destinazione. Ciro non è certo persona da farsi intimidire di fronte alle responsabilità, viene per così dire dalla gavetta, anch’egli figlio di migranti pugliesi, operaio alla Alumetal di Mori, poi protagonista con Bepi Mattei di quella straordinaria vicenda sindacale e politica che fu negli anni ’70 la FLM trentina.
Ricordo ancor oggi quella certa diffidenza con cui Ciro osservava questi giovani militanti della nuova sinistra con i quali si stava avviando un percorso politico comune, anticipando in Trentino il processo che diede vita a Democrazia Proletaria. Lui, come buona parte degli attivisti della FIM Cisl, militava infatti del Partito di Unità Proletaria di Vittorio Foa, Pino Ferraris e Silvano Miniati. Io venivo dall’esperienza di Avanguardia Operaia, organizzazione politica che in Trentino aveva un certo radicamento nell’Università, nelle scuole e nei quartieri, fatta di giovani intellettuali, "quadri" come si diceva allora. Mondi e storie diverse che s’incontravano. Poi col passare degli anni diventammo amici, qualche vacanza insieme al Bohinjsko Jezero quando ancora c’era la Jugoslavia, il comune impegno in DP del Trentino e successivamente nel dar vita a Solidarietà.
E’ dal 1992 che Ciro mi invita ad andare in America Latina per vedere i progetti e le attività della Trentini nel Mondo. Non ho mai trovato il tempo, imperdonabile. Eppure la cooperazione internazionale, proprio a partire da quegli stessi anni, è diventata un territorio importante del mio percorso umano e politico. In compenso, abbiamo continuato a scambiarci idee e pensieri sui temi della mondialità e, nonostante la distanza fisica, la nostra amicizia è andata crescendo. Anche partendo dalle difficoltà che una cooperazione non banale porta con sé, a cominciare dalle critiche che quando pesti sui piedi a qualcuno o non assecondi qualcun altro circondano il tuo lavoro. Nella consapevolezza che quando decidi di abitare crinali tanto complessi sbagliare è pressoché inevitabile.
Ma un conto sono le cattive parole che ti cadono addosso quando ti trovi a compiere scelte che per un motivo o per l’altro possono cambiare la vita e i destini delle persone (quante volte di fronte a certi articoli di giornale che facevano eco ai "boatos" ho detto a Ciro "ma chi te lo fa fare"), altro è quel che è accaduto nelle scorse settimane, quando la magistratura del Paraguay si è prestata alle ritorsioni di persone allontanate dall’attività della Trentini nel Mondo incriminando Ciro Russo ed emettendo nei suoi confronti un mandato di cattura.
Il Paraguay è la classica "repubblica delle banane", dove non c’è uno stato di diritto e dove tutto si gioca attraverso l’amico dell’amico. Così si può finire "ricercati" perché hai provato a demolire dei gruppi di potere che avevano come obiettivo quello di intercettare i fondi della PAT. La cooperazione è anche questo, e Ciro lo aveva già imparato a sue spese in Mozambico, quando nel rifiutarsi di pagare tangenti aveva rischiato di lasciarci le penne. Già un paio d’anni fa, come Trentini nel Mondo, si erano posti il problema se stare o meno in quel paese, e proprio Ciro aveva insistito di mantenere aperti alcuni progetti rivolti alle comunità locali (anche trentine, visto che giustamente quando si opera in un territorio, non puoi rivolgerti solo ad una parte dei suoi abitanti), probabilmente fra le più povere dell’emigrazione italiana in Sudamerica. Evidentemente sottovalutando i pericoli che potevano essere in agguato in un paese dove basta una denuncia e un po’ di connivenze per mandare in galera qualcuno.
Avevo sentito Ciro al telefono e via mail nelle scorse settimane per cercare di capire quel che stava accadendo. Ma stasera è un fiume in piena. Non l’ho mai visto così indignato. Per l’assurdità kafkiana di tutta questa vicenda, per l’incertezza delle reazioni, per la fragilità delle relazioni, per lo stesso atteggiamento di una parte della stampa trentina che ha provato – senza grande successo per la verità – a sbattere il mostro in prima pagina. Quella stessa stampa che qualche mese fa, di fronte alla tragedia che ha colpito la Trentini nel Mondo e l’intera comunità trentina con l’incidente costato la vita a Rino Zandonai (che della Trentini nel Mondo era il direttore), Gianbattista Lenzi (consigliere provinciale) e Luigi Zortea (Sindaco di Canal San Bovo), parlava di eroi della cooperazione e del valore dei legami profondi con i nostri migranti e che poi, con altrettanta facilità, si dispone a dare ascolto alle calunnie piuttosto che reagire indignata. Ma anche questo fa parte del clima odierno, di una comunità sempre più fragile e provata nella sua coesione sociale.
Costruire una comunità coesa nel saper affrontare le sfide del presente, prima fra tutte quella di usare le prerogative dell’autonomia per abitare la globalizzazione, dovrebbe essere il senso profondo anche del tessere un legame profondo con la nostra storia di popolo migrante. Invece sporchiamo tutto.
Ciro aveva in programma di chiudere la sua esperienza in America Latina nel corso di quest’anno, ma ora, prima di ritornare definitivamente, intende uscire senza ombra alcuna questa vicenda, anche a costo di andare in Paraguay a difendersi nell’aula di un tribunale. Lo vedo più ancora determinato del solito, anche se l’amarezza pesa.
Tante altre cose nel corso della giornata, ma di questo volevo parlarvi.