lunedì, 29 marzo 2010
29 Marzo 2010giovedì,1aprile 2010
1 Aprile 2010martedì, 30 marzo 2010
E’ il giorno dopo la valanga leghista e la sconfitta brucia. Non che ci si aspettassero cose poi in fondo molto diverse, in Piemonte e nel Lazio bastava una manciata di voti in più e probabilmente si sarebbe parlato di un complessivo insuccesso del centrodestra. Ma vedere omologarsi al quadro politico nazionale anche una parte importante delle regioni, vedere la Lega che avanza come un katerpillar in tutto il nord, regioni come la Campagna e la Calabria prima governate dal centrosinistra essere conquistate a furor di popolo dalla destra, fa male. Guardo i dati provenienti dalle elezioni provinciali e anche in questo caso è una debacle: 4 a 0. Un dato in controtendenza c’è, sono i Comuni delle città capoluogo, Venezia, Lecco, Lodi, Mantova… dove il centrosinistra ancora tiene, nonostante le candidature altisonanti di Brunetta e Castelli. Ma si tratta di un segnale che fotografa una divaricazione fra città e campagna (riscontrabile per la verità anche nel voto delle regionali su Roma ed il resto del Lazio, su Torino ed il Piemonte e così via). Segno dei tempi, che inquieta perché è una frattura già vista in altre latitudini e che ci parla del postmoderno.
Ne parlo con le persone che stanno al gruppo consiliare. Qualcuno mi chiede: ma cosa possiamo fare noi per recuperare il consenso perduto? Continuo a ripetere che la sconfitta è più profonda di quel che in genere si pensa. Che le paure che spingono tanta povera gente a rivolgersi alla Lega le abbiamo fin qui esorcizzate senza comprendere che vanno invece riconosciute, prese per mano, elaborate. L’altra strada è il tirar su muri, la chiusura, il chiamarsi fuori. Risposte effimere ma semplificate, noi e loro, io e gli altri. Il tema dell’"immunità" posto da Mauro Milanaccio su "Politica è responsabilità" viene a pennello e così scrivo di getto qualche riga.
Butto giù anche lo schema progettuale di un percorso che verrà proposto alla prossima assemblea del Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani come tratto che ne dovrebbe caratterizzare il lavoro nel prossimo anno: l’Europa e il suo mare, attraversati di lungo e in largo da popolazioni che incontrandosi e scontrandosi hanno formato identità e radici culturali.
Mi viene una suggestione: l’Europa è fuori di sé. In questa riscoperta ci giochiamo il futuro. Ne riparleremo ampiamente.