giovedì, 18 marzo 2010
18 Marzo 2010
Sarajevo, 11541 sedie vuote
martedì, 10 aprile 2012
21 Marzo 2010
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18 Marzo 2010
Sarajevo, 11541 sedie vuote
martedì, 10 aprile 2012
21 Marzo 2010

venerdì, 19 marzo 2010

Due flash. Il primo è lo stupore nel vedere la scarsa attenzione che viene dedicata dai quotidiani locali al Congresso della Cgil del Trentino. La Camera del lavoro di Trento conta quasi quarantamila iscritti, il suo congresso muove migliaia di delegati nelle categorie e a livello confederale, è un pezzo importante della dialettica sociale e democratica di questa terra. Le cose che qui vengono proposte e decise hanno un peso specifico non indifferente, gli interventi che vi si svolgono, le parole anche solo sul piano dei saluti che vengono portati, segnano impegni e responsabilità. Perché dunque dedicarvi così poca attenzione? Forse perché – come ha detto Dellai al congresso – la relazione del segretario Burli non si presta al "tritacarne mediatico" cui tende la rappresentazione di questo tempo? Forse perché prova ad interrogarsi sul nodo di fondo dell’uso delle prerogative dell’autonomia, accettandone la sfida? E’ davvero sconcertante come, di fronte ad un elemento di innovazione culturale, i giornali non riescano a cogliere. Eppure è proprio di questo che c’è bisogno. Problema molto serio.

Potrei dire le stesse cose per i temi che oggi affrontiamo in Officina Medio Oriente. Si può scegliere la retorica del dialogo, oppure affrontare le questioni nella loro cruda e difficile realtà. E’ questo il secondo flash che vi voglio proporre. Si può parlare di quanto è bello mangiare insieme, cristiani, ebrei, mussulmani… oppure mettersi in discussione davvero, interrogandosi sul perché di una tragedia infinita, predisponendosi a dire parole dure verso la propria parte (o quella che si ritiene tale), tanto più dure quanto questa si dimostra più forte. Il contrario di quello che avviene.

E, nel far questo, sapendo introdurre elementi di discontinuità. Proviamo a farlo nella serata "La pace, oltre i confini" all’ex Convento degli Agostiniani, nel momento forse più politico del confronto di questi giorni, ma alla fine ognuno dei relatori va per la sua strada ed il tentativo di porre il tema di una prospettiva post-nazionale nel dibattito sul futuro di quella parte cruciale del Medio Oriente e, a guardar bene, del mondo, cade nel vuoto. Quando tocchiamo il tema dell’Europa (perché l’Europa è un progetto politico post nazionale) è già tardi. Praticamente, un’occasione perduta.

Ne parleremo a Milano, sabato prossimo, quando c’incontreremo per dar vita ad una nuova associazione culturale che dall’Europa allarghi il suo sguardo sul Mediterraneo. Lo ritengo un nodo cruciale, tanto da averlo proposto come orizzonte sul quale caratterizzare l’azione del Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani nei prossimi mesi. Perché è dalle strozzature della storia che bisogna ripartire.

Nel dibattito butto lì la questione: le nuove guerre dette post ideologiche diventano scontro di civiltà, ci portano cioè ai nodi irrisolti della storia. Per questo si accaniscono contro la cultura, le biblioteche nazionali, le città. E’ davvero paradossale che culture millenarie come quelle ebraica e palestinese, che di questi intrecci sono state il lievito, non si accorgano dell’imbarbarimento che ne viene.

Bossi, che da animale politico qual è l’ha capito da tempo, agita la "battaglia di Lepanto", la cristianità contro l’oriente. Analogamente, la gente comune – pur nell’appannamento generale – ha compreso istintivamente che il privilegio di un sistema di vita insostenibile lo si difende solo se un pezzo dell’umanità sarà condannata all’esclusione. La tragedia, e la sconfitta, è che gli va bene così.

E’ ormai mezzanotte quando ne parliamo con Ali e Silvia, nel bellissimo scenario di piazza del Duomo.

 

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