Il primo ministro tibetano a Palazzo Trentini
martedì, 28 febbraio 2012
18 Marzo 2010
venerdì, 19 marzo 2010
19 Marzo 2010
Il primo ministro tibetano a Palazzo Trentini
martedì, 28 febbraio 2012
18 Marzo 2010
venerdì, 19 marzo 2010
19 Marzo 2010

giovedì, 18 marzo 2010

Ore 8.30, sopralluogo al confine fra Lavis e Zambana dove la Wind ha installato un suo ripetitore della telefonia mobile. Decisione assunta dal Comune di Lavis ma che grava a ridosso delle prime case di Zambana. Uno sgarbo, insomma. Basta alzare lo sguardo e si possono notare a stretto raggio visuale altri due impianti, di altre compagnie telefoniche. Una proliferazione senza senso, impattante e comunque dannosa. Ne parliamo con alcuni abitanti del posto che da mesi cercano a suon di carte bollate di far valere le loro ragioni, ma convengono che la soluzione non può che essere politica, ovvero darsi un regolamento provinciale che metta un po’ d’ordine alla questione. Con il consigliere Bombarda decidiamo di farcene carico.

Da Zambana ci trasferiamo a Cadino, dove alle 10 è previsto un sopralluogo della Terza Commissione consiliare sui terreni dove è prevista la realizzazione del biodigestore. Come a Lasino, anche qui centinaia di firme per dire che non si deve fare. Il luogo prescelto è una delle rare aree del fondovalle dove non ci siano abitazioni nel raggio di quasi un chilometro, in una zona di scarso pregio agricolo, piuttosto degradata di suo (proprio oggi ho presentato in Consiglio provinciale una "question time" sulla sporcizia lungo la strada statale del Brennero fra San Michele all’Adige e l’inizio del Sud Tirolo, adiacente fra l’altro all’area in questione). Le caratteristiche dell’impianto (di ultimissima generazione) sembrano dare tutte le garanzie e comunque una soluzione alla situazione costosa e insostenibile dell’esportazione dell’umido fuori provincia bisognerà pure trovarla. Ma questo non basta, visto che a qualche consigliere dell’opposizione non sembra vero di poter saltare sulla protesta di turno. Vedo in giro una grande disonestà intellettuale.

Rientriamo a Trento. Un paio d’ore in ufficio e poi, nel pomeriggio, al congresso della Cgil del Trentino. Lo scenario è quello dell’interporto a Trento nord, uno dei molti "non luoghi" che s’incontrano nella nostra periferia urbana. Un palazzo di vetro che potrebbe essere collocato in qualsiasi luogo (o meglio in nessun luogo) tanto è anonimo. Dolorose eredità che lasceremo dietro di noi.

Il Congresso inizia con il racconto di alcuni ragazzi che s’interrogano sul sindacato, non male l’idea. Interviene in apertura (credo sia la prima volta) il sindaco di Trento, per un saluto niente affatto rituale che entra invece nella condizione sociale del nostro tempo. Un bell’intervento quello di Alessandro Andreatta. E poi, a seguire, la relazione del segretario generale uscente Paolo Burli. Il peso della tensione si coglie nel suo volto teso e nemmeno la fine delle dodici fitte cartelle del suo intervento sembrano far posto ad un sorriso.

Quella di Burli è una relazione intensa e stimolante. Che s’interroga sul rancore e su un benessere che non ci rende felici. Sul ruolo del sindacato, che dev’essere contrattuale più che di supplenza politica. Il che non impedisce una sua capacità di sguardo sulle contraddizioni che emergono nella nostra società e sulle necessarie linee di innovazione per il futuro. Un ruolo contrattuale non solo sul piano del conflitto sociale, che ha nel rapporto con la Provincia Autonoma di Trento uno snodo cruciale, di cui si colgono le scelte positive (come si è affrontata la crisi globale) come i ritardi (nella direzione di un’economia sostenibile). Ne emerge un sentirsi parte di una "comunità autonoma" (concetto caro al presidente Dellai) che responsabilmente cerca il proprio destino. Anche questa è una piccola interessante, novità.

Mi piacerebbe interloquire. Vedo un tema, in particolare, solo sfiorato dalla relazione di Paolo, ascrivibile a quello più generale dell’interdipendenza,  che richiede una visione che dovrà essere almeno europea e senza la quale ben difficilmente verremo a capo delle nuove forme che assume il lavoro. Di situazioni come quelle di una manodopera impiegata in Trentino ma che ha i propri riferimenti contrattuali in Romania o altrove. Perché se effettivamente vogliamo interrogarci sul rancore è anche da qui che dovremmo partire, comprendendo che questo sentimento nasce dalla paura verso il futuro. Perché, ad esempio, sono i soggetti più deboli a non volere l’Europa? L’apertura delle frontiere viene intesa come la ragione di una progressiva precarizzazione, che innesca una potenziale guerra fra poveri che dà spazio alla chiusura e a chi di queste preoccupazioni si erge a paladino. Sono problemi veri, che investono i lavoratori dipendenti in primo luogo. Fili scoperti, che dobbiamo avere il coraggio di prendere per mano. Come, in positivo, dobbiamo avere chiaro del valore straordinario dell’autonomia. Non c’è tema che oggi non passi attraverso un uso intelligente delle nostre prerogative autonomistiche, dalla conoscenza, agli ammortizzatori sociali, alla gestione delle nostre risorse quali la terra, l’energia, l’acqua. Temi che sono al centro dell’intervento del presidente Dellai, un intervento politico e intelligente come lui sa fare.

Penso fra me quale potrebbe essere il modo per interloquire in forme diverse con il sindacato, perché le ragioni che hanno portato all’avvio di "Politica è responsabilità" riguardano anche le soggettività sociali di questa nostra comunità. Mi riprometto di parlarne con Paolo appena il congresso sarà alle spalle.

 

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