martedì, 9 febbraio 2010
9 Febbraio 2010giovedì, 11 febbraio 2010
11 Febbraio 2010mercoledì, 10 febbraio 2010
Nel corso di questi ultimi anni ho avuto una particolare attenzione al tema delle foibe. Molti dei viaggi di studio realizzati nell’ambito di percorsi formativi che avevano a che fare con l’elaborazione del conflitto e la memoria partivano proprio da Trieste e dalla volontà di togliere il velo che ricopriva (e ancora ricopre) le vicende che hanno segnato il conflitto lungo il confine nord orientale del nostro paese. Lo facevo quando ancora la "giornata del ricordo" nemmeno esisteva e a parlare di foibe era solo qualche studioso. Oltre, ovviamente alla comunità degli esuli immersi in un dolore spesso considerato ingombrante.
Anche per questo, nel collettivo di Osservatorio Balcani e Caucaso ho proposto negli anni scorsi di prendere in mano coraggiosamente questa vicenda, cercando di sottrarla ad una memoria usata come clava politica, come purtroppo è quasi sempre avvenuto e ancora avviene. Ne è nato un lavoro molto importante, di grande equilibrio e serietà nella documentazione: un DVD multimediale dedicato alle scuole superiori, uno strumento che davvero consiglio ai docenti e agli studenti che intendono trattare questo argomento in maniera non superficiale.
Chissà perché, quest’anno, non ho voluto scriverne nulla. Forse avverto un overdose di retorica della memoria, di cui ha recentemente scritto anche su queste pagine l’amico Giuseppe Ferrandi. E perché temo la ritualità del parlarne a comando e non come tratto di una riflessione che dovrebbe rientrare a pieno titolo nei percorsi non solo della didattica ma nell’educazione permanente.
Anche di questo mi trovo a parlare in un colloquio con il presidente Dellai. Ho una fitta scaletta di questioni da porgli che spaziano dall’attività legislativa ai rapporti internazionali, primo fra tutti il fatto che la nostra autonomia sta diventando un punto di riferimento crescente nella ricerca di soluzioni di pace a conflitti regionali, dal Kosovo al Tibet, dalla Palestina allo Xinjiang…
In questo cantiere c’è anche la preparazione di un disegno di legge sull’educazione permanente. Le leggi possono anche non servire, a volte proprio non servono, ma qui se non interveniamo nel facilitare l’approccio alla conoscenza ho paura che la deriva dell’imbarbarimento sia troppo forte per affrontarla con il contagio – che ne so – della buona lettura. I processi di trasformazione sono così rapidi che il bagaglio di conoscenza di ciascuno di noi diventa in fretta obsoleto. E questo vale per la cultura generale come per le competenze professionali. Nessuno può più permettersi, se vuol far bene il proprio lavoro, di vivere di rendita: insegnare oggi è altra cosa di vent’anni fa, così fare l’assistente sociale e, vorrei dire, qualsiasi altro mestiere.
Leggere un libro, andare a teatro, fare un viaggio … mettere in campo nuove esperienze professionali, realizzare le condizioni per una intelligente flessibilità sul lavoro, essere disponibili al cambiamento … potrei continuare a lungo ma è così che una comunità si attrezza ad abitare il proprio tempo. Impossibile mettere tutto questo in una legge, ma interrogarsi su quel che può essere utile mettere in campo per creare condizioni favorevoli alla conoscenza in ogni fascia d’età, questo forse è possibile.
Madrano è un piccolo centro che s’incontra lungo la strada che sale verso l’altipiano di Piné. Attorno al piccolo cimitero una folla di amici provano ad essere di conforto a Maurizio, Teresa e Margherita che hanno perso la loro compagna e mamma Cristina. E’ accaduto tutto così in fretta che l’incredulità si legge nei volti dei presenti, che percepisco come una comunità di persone un po’ così com’era Cristina: attenta, rigorosa, esigente, dolce. Non ci frequentavamo, ma me ne vado via con la sensazione di una perdita grande quanto irrimediabile.
Un paio d’ore più tardi sono a Torbole. I promotori della legge sul Parco Agricolo dell’Alto Garda mi aspettano per capire che cosa si può fare affinché ne sia data applicazione. Approvata un anno e mezzo fa è nel frattempo rimasta lì, sulla carta, in attesa di una Comunità di valle che ancora non c’è. Proprio in mattinata ne avevo parlato con Dellai, sollecitandolo a farsene carico, sia perché la legge prevede che scaduti diciotto mesi è la Pat a doverlo fare, sia per avere certezza di quale ambito dell’amministrazione provinciale ne seguirà l’attuazione. Il confronto è interessante ed investe l’insieme delle politiche per l’agricoltura trentina, che vive una fase di grande incertezza.
La giornata si conclude a Rovereto, a casa di Erica, dove ci troviamo per parlare delle attività del Forum per la Pace e di Palestina. E per un’ottima cena. Quando finiamo è abbastanza tardi, arrivo a casa e la pioggia nel frattempo si è trasformata in una fitta nevicata, il che aiuta a chiudere la giornata con un briciolo in più di serenità.