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mercoledì, 26 agosto 2009
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martedì, 25 agosto 2009

Arrivare ad Auronzo di Cadore non è esattamente una passeggiata in montagna. Ma essere lì, in occasione del riconoscimento delle Dolomiti quale patrimonio mondiale dell’umanità da parte dell’Unesco, è in primo luogo un impegno. Personale, di ciascun cittadino o amministratore che sia, e collettivo per la responsabilità che le istituzioni presenti si assumono nell’accettare che tale patrimonio sia non solo delle comunità che nelle Dolomiti ci vivono ma di tutta l’umanità.

Alle 8.00 ho appuntamento al Valcanover di Pergine con Bruno Dorigatti, compagno di gruppo, e Paolo Burli, segretario della Cgil del Trentino, per raggiungere insieme Auronzo. Il viaggio è piacevole ed anche la conversazione che spazia dai temi del sindacato a quelli più strettamente politici. Passiamo da Feltre, poi Belluno e da lì verso il Cadore. Passiamo da Longarone e della tragedia del lontano 9 ottobre 1963 si scorgono solo il cimitero e, nella stretta valle che sovrasta il paese, il muro della diga del Vajont. Da ragazzino ero venuto a Longarone con i  miei genitori a vedere i luoghi devastati dall’enorme massa d’acqua che aveva travolto ogni cosa ed ho un ricordo nitido del deserto di fango che aveva colpevolmente spezzato migliaia di vite. Già allora la natura si ribellava al delirio fabbricato che in nome del profitto non si dava alcun limite. Ed ancora oggi la cultura del limite fatica a diventare orizzonte nell’azione dei governi.

Sarà questo il richiamo più forte del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel suo intervento ad Auronzo. I giornali e le televisioni parleranno del richiamo all’unità del paese e del suo patrimonio, dalle Eolie alle Dolomiti (gli unici due siti naturali fra i quarantaquattro riconosciuti in Italia dall’Unesco come patrimonio dell’Umanità), come al solito rincorrendo lo spettacolo indecente di una politica rissosa e provinciale. Ma Napolitano parla di un paese ferito nel suo rapporto con il patrimonio ambientale (è di questi giorni lo sversamento di liquami tossici nella "grotta azzurra" di capri e della quale Roberto Murolo ci ha in-cantato) e nel far questo rompe la retorica un po’ stucchevole della ministra Prestigiacomo.

Il richiamo al concetto di limite è anche nei discorsi di Durnwalder e Dellai nel loro forte appello alla responsabilità che un riconoscimento come quello dell’Unesco ci affida, il primo facendo riferimento alle diversità che le Dolomiti accomunano, il secondo al duro lavoro di chi le Dolomiti le vive nei pascoli di montagna, nella coltivazione dei boschi e nelle attività umane che ne derivano.

Niente di scontato, tant’è vero che quando il presidente dell’Alto Adige – Süd Tirol, dice due parole nella sua lingua madre il pubblico comincia a rumoreggiare. A testimonianza di come le frontiere siano ancora ben salde al loro posto, quelle materiali e quelle immateriali.

La manifestazione si svolge in maniera sobria e alle 13.00 è tutto finito. La giornata è splendida e decidiamo di non rinchiuderci nello spazio riservato al buffet. Anziché ritornare sui nostri passi, preferiamo continuare verso nord, in direzione del lago di Misurina e di Dobbiaco, rientrando dalla Val Pusteria, verso Bressanone. Ci lasciamo alle spalle i luoghi turistici ancora zeppi di gente e di automobili, testimoni di un turismo che esporta i difetti di una vita quotidiana alla quale non si rinuncia nemmeno in prossimità di luoghi dalla bellezza mozzafiato. E del resto anche la nostra frenesia non è in fondo molto diversa. Così intorno alle 17.00, fatto il giro delle Dolomiti, siamo di nuovo nei pressi del lago di Caldonazzo dove al mattino avevo raccolto i miei compagni di viaggio.

Impareremo a considerare l’ambiente in cui viviamo ed ogni essere vivente come "patrimonio dell’umanità"?

 

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