giovedì, 8 aprile 2010
29 Luglio 2009giovedì, 8 aprile 2010
29 Luglio 2009mercoledì, 29 luglio 2009
Uso le prime ore della giornata per aggiornare il sito, caricare materiale nuovo, sistemare gli appuntamenti. Sembra niente ma vi assicuro che non è esattamente così. Appena sono al gruppo do un’occhiata ai giornali e rimango basito nel leggere la notizia, riportata dal Corriere del Trentino, che la struttura nazionale del PD avrebbe impugnato le regole congressuali del PD del Trentino.
Dalle 10.00 in poi ho una serie di appuntamenti in ufficio. Il primo è con Elisabetta Grigolli. E’ stata indicata come rappresentante dell’Associazione Oratorio S.Antonio nel Forum per la Pace e nei giorni scorsi mi ha scritto per avere uno scambio di idee su quel che una realtà come la sua può fare sul tema immigrazione. Non so se quel che le dico viene inteso nel verso giusto. Provo a dire infatti che, al di là del "pacchetto sicurezza", delle conseguenze negative che sortirà e del dovere di disobbedienza civile che dovremmo mettere in conto a partire dai Comuni ai quali è riservata la decisione sulle "ronde" (pensate che bel segnale sarebbe se dai 218 Comuni del Trentino venissero altrettanti no), il problema risiede nell’ignoranza e nelle paure. Per uscire dalle quali occorre creare consapevolezza, conoscenza, opportunità di contatto diretto. Le dico, un po’ provocatoriamente, che per uscire da questo "gorgo" bisognerebbe studiare almeno la geografia dell’Europa, conoscere la storia. Che per farlo possono servire le forme dell’educazione permanente ma anche più semplicemente, l’organizzazione di viaggi della memoria presso i luoghi della nostra migrazione, sempre che qualcuno ancora si ricordi che il Trentino fino al secondo statuto di autonomia (ma quanti trentini sanno cos’è il secondo statuto?) era terra di emigrazione. Che un viaggio può contare di più che lo svuotare gli armadi di vecchie cianfrusaglie, come molto spesso accade, pensando pure di fare un atto di solidarietà. Che la cultura del "fare" slegata dal pensare non porta da nessuna parte. Ho come l’impressione che mi guardi stupita, mi dice che ci rifletterà.
Dopo qualche istante mi incontro con Francesca Caprini, animatrice di "Yaku", associazione internazionale che si occupa di acqua in America Latina. Nelle cose che dice ritrovo molto della riflessione che con Mauro Cereghini abbiamo proposto in "Darsi il tempo", libro che conosce ma che non ha letto e così le regalo una copia. Mi parla dei progetti ai quali stanno lavorando, la Scuola andina dell’acqua, il desiderio di costruire un legame fra la cultura andina dell’acqua e quella delle nostre montagne che si sta perdendo (di una cooperazione che ci aiuta, quindi) e della volontà di aprire una collaborazione con i Rifugi alpini e la SAT. Ma anche della collaborazione con il Forum mondiale dell’acqua (e con il mio caro amico Emilio Molinari) e della proposta di svolgere a Trento in autunno un convegno internazionale sul tema del diritto all’acqua. Ci lasciamo con l’impegno di rivederci a settembre per ragionare sulle possibili forme di collaborazione fra il Forum (di cui Yaku peraltro non fa parte) e le attività dell’associazione.
Due colloqui, persone molto diverse, che mi dicono quanto i temi del rapporto fra il locale e il globale siano decisivi per un diverso agire politico.
Telefono a Maurizio Agostini, il segretario del PD del Trentino. Qualche sera fa mi aveva raccontato quasi divertito di un colloquio avuto con il responsabile nazionale dell’organizzazione del PD e della sua difficoltà di capire il significato di un modello di partito federato, del riconoscersi in un soggetto politico nazionale ma rivendicando la nostra autonomia decisionale. Pensavo che la cosa si fosse chiusa lì, ma la notizia del Corriere mi dice che, evidentemente, così non è. Gli dico che io in un partito ancora immerso nei riti della politica centralistica non ci sto un minuto di più, che lo dica pure a Roma che questo sarà l’effetto. E’ davvero insopportabile che nella carta dei valori (che questa gente, evidentemente, non ha nemmeno letto) si parli di federalismo e che poi i comportamenti siano quelli di sempre. Vecchi arnesi arrugginiti che pensano di gestire pezzi di potere in nome dell’obbedienza. Maurizio è d’accordo.
Vado a casa e mi metto a scrivere un pezzo per il Corriere del Trentino su questa cosa. Preparo anche 25 righe per illustrare il progetto "Politica è responsabilità" che comincio a far girare. E così è sera. Alle 19.00 ho appuntamento con Giuseppe Ferrandi, direttore del Museo storico del Trentino. Beppe è anche presidente dell’Associazione Progetto Prijedor e dopo cena abbiamo la riunione del consiglio direttivo dell’Associazione. All’ordine del giorno l’attività semestrale, l’idea di andare verso la formazione del Tavolo Balcani facendo sistema fra le varie associazioni che operano nella regione ed altro ancora. Siamo in pochi – l’estate si fa sentire – ma la discussione si protrae a lungo. Sono presenti i nuovi assessori del Comune di Borgo, Comune aderente al Progetto Prijedor, ed è quindi necessario spendere qualche parola in più per far capire loro la complessità delle attività. Non è, per la verità, la sola ragione. Con Cristina Valer – che si è tradizionalmente occupata degli affidi a distanza per l’associazione – da tempo abbiamo posizioni divaricanti, non estranee al confronto che è avvenuto nel Forum per la Pace attorno alle proposte per la nomina del presidente di quell’organismo e di cui abbiamo già parlato in questo diario. Il "cambio di passo" che ho proposto per il Forum ha a che vedere con il senso del fare cooperazione e cultura di pace. E a pensarci bene anche con il colloquio del mattino con Elisabetta. Nodi che verranno affrontati nell’assemblea dell’Associazione, alla quale ho dato in questi anni tanto impegno e che mi ha ricambiato altrettanto straordinariamente. E alla quale, anche in relazione ai miei nuovi incarichi, continuerò a partecipare come semplice iscritto.
Fra una cosa e l’altra, si è fatta mezzanotte.
